Verso una cultura della Pace: esempi di riconciliazione e dialogo nel conflitto israelo-palestinese
Trieste – All’articolo 11 la nostra Costituzione afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Credo sia quindi ora di ricordarci che, come italiani, abbiamo scelto 76 anni fa questo progetto e che dobbiamo smetterla di parlare solo di guerra e di nutrirci solo di immagini di guerra, come fosse un gioco da ragazzi.
Esistono anche tanti fatti di pace e di riconciliazione, di cui non siamo informati, e che aprono una via diversa dagli scandalosi scenari bellici provocati da spericolate e irresponsabili élites di puro potere e di fanatismo. Doveroso perciò dare voce e informazione dei moltissimi israeliani e palestinesi che lavorano per la riconciliazione e non per la guerra.
Lo dobbiamo come educatori non superficiali ai nostri giovani, che stiamo spaventando oltre misura con il nostro disincanto, e che hanno il diritto di sapere che esiste Robi Damelin, una anziana donna ebrea di 80 anni, che ha fondato l’associazione Parents Circle-Family Forum, dove si trovano donne israeliane e palestinesi, persone che hanno perso un familiare nel conflitto e che hanno scelto di trasformare l’odio e la vendetta in un processo di riconciliazione, con base in Israele e in Cisgiordania. Un miracolo, dice la fondatrice, che ancora esistiamo.
È giusto che tutti sappiamo, giovani e meno giovani, che esiste Neve Shalom-Wahat Al Salam, un villaggio tra Gerusalemme e Tel Aviv, dove abitano ebrei e musulmani in un’unica comunità fondata sui valori del dialogo e del rispetto e dove ragazze ebree e palestinesi studiano insieme e insieme si aiutano a resistere e a trovare la forza per azioni concrete di pace.
Come penso sia opportuno sapere di Lea Baroudi, una donna cristiana libanese, che si spende per la pace, direttrice del gruppo di pacificazione March, e lo fa attraverso l’arte teatrale, dove ex combattenti di fazioni opposte hanno recitato insieme in uno spettacolo ispirato alle loro vite: “Chiesi loro di non venire alle prove armati. Da nemici divennero attori e poi amici”.
Consolante sapere anche quello che fa da tempo Giorgio Gomel, voce autorevole di una rete di ebrei europei, Jcall, da sempre impegnata nella ricerca di una soluzione del conflitto con la formula “due Stati per due popoli”, dove si ritrovano 150 ong ebraico-arabe e israelo-palestinesi. Col fine di superare “questa orgia di reciproca brutalità, dove muore la capacità umana di compassione”.
Siamo infatti di certo in moltissimi, penso la stragrande maggioranza, che respingiamo con forza la sconvolgente e inutile violenza delle guerre e che avvertiamo il bisogno di volgere lo sguardo altrove.
Silvano Magnelli