Torna il pubblico nei musei e nelle gallerie: una fantastica riapertura per una cronista in trasferta

Roma – Una mattinata già primaverile nella capitale, un ritaglio di tempo fra incombenze burocratiche. Ho la fortuna di trovarmi nei pressi del museo Pigorini all’Eur, raccolta nazionale di reperti preistorici ed etnografici: approfitto di un piccolo ma prezioso privilegio degli iscritti all’Ordine dei Giornalisti ed entro gratis.

Piccolo inciso sull’ingresso gratuito: lo ritengo giusto ed importante sia sul piano della sostanza che su quello simbolico. Un giornalista ha il dovere non solo di informarsi ed informare, ma anche quello di tenere vive memoria e cultura. In ogni momento e in ogni luogo in cui si trovi.

Quindi, eccomi al museo. Per chi non lo conosce, il Pigorini ricorda – vagamente, perché non siamo a New York e da noi i musei sono molto più seriosi – la collezione del popolare film “Una notte al museo”: reperti preistorici, ricostruzioni di siti archeologici, oggetti della tradizione popolare.

Il tutto ospitato in un enorme complesso marmoreo d’epoca mussoliniana all’Eur, l’area designata per l’Esposizione universale di Roma del 1940 che purtroppo non ebbe mai luogo, dato che di lì a poco l’Italia entrò in guerra.

L’atrio è gigantesco il che rende la biglietteria microscopica. In compenso le signore della cassa sono gentilissime: un’occhiata vaga al tesserino e tra scambi di saluti e cortesie ottengo il biglietto gratuito.

C’è una scala monumentale in marmo rosso, a cui corrisponde in faccia una finestrona a vetri colorati in tinte vivaci. Siccome non ci vedo molto bene, non riesco a cogliere il disegno; l’effetto tuttavia è notevole. Quasi commovente, dato che sono l’unica persona a salire lo scalone.

Mi addentro nella sezione “Preistoria” e dopo la prima sala sento la voce alta e piacevole di un ragazzino che commenta la differenza tra un chopper e un’amigdala. Nella sala successiva scopro che i ragazzini sono due, avranno dieci o undici anni e sono con le loro mamme.

Tra soste ed avanzate fra le varie vetrine torniamo più volte ad incontrarci. Le signore non sono assillanti, si limitano ad indicare gli oggetti e ascoltano le esclamazioni dei ragazzi, sorpresi dal fatto che i siti delle scoperte si trovino a due passi da casa loro.

Non resisto alla tentazione di fare la vecchietta di turno, visto che lo sono. Mi avvicino alle mamme e gli dico che stanno facendo un ottimo investimento. “Noi ci proviamo – ribattono ridendo. – non so se stanno imparando qualcosa!”

“Non importa se non leggono le spiegazioni – rispondo. – Quello che di sicuro ricorderanno è l’impegno che ci avete messo nel vedere il museo insieme a loro. L’ho fatto anche io a suo tempo e vi garantisco ottimi risultati!”

Ci salutiamo con allegria. Il mio tempo sta per scadere, mi avvio all’uscita con una speranza in più. Anche se in tutto il museo eravamo in cinque, è stata una fantastica riapertura.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi