Sottrae 60 mila euro al datore di lavoro dopo essersi procurata l’accesso online al conto bancario

Pordenone – Nell’ambito di un’indagine volta a proteggere la sicurezza delle transazioni finanziarie, la Guardia di Finanza di Treviso ha smascherato una frode da 60 mila euro perpetrata da un’interprete di lingua russa residente in provincia di Pordenone.

La donna, dipendente di un imprenditore di cittadinanza estera operante nel trevigiano, è stata accusata di aver sottratto la somma di denaro dal conto corrente del suo datore di lavoro attraverso l’utilizzo di una firma falsa, che le ha permesso di ottenere le credenziali di accesso ai servizi di home banking.

Le Fiamme Gialle hanno denunciato la donna alla Procura della Repubblica di Pordenone per il reato di indebito utilizzo di strumenti di pagamento elettronici. Il profitto del reato è stato sequestrato preventivamente dal Giudice per le Indagini Preliminari competente.

Le indagini, iniziate a seguito della querela presentata dalla vittima, sono state condotte dal Gruppo di Treviso e hanno coinvolto accertamenti bancari, una perquisizione domiciliare e una perizia grafologica.
Durante l’investigazione, è emerso che l’indagata era riuscita a ingannare il personale di una filiale bancaria, facendosi autorizzare a operare online sul conto corrente del datore di lavoro. L’inganno è avvenuto mentre l’imprenditore si trovava all’estero a causa dell’emergenza Covid-19.

Nel corso di alcuni mesi, la donna ha progressivamente svuotato il conto corrente, eseguendo ripetuti bonifici in suo favore, fino a richiederne la chiusura. Il titolare del conto, una volta rientrato in Italia, ha scoperto con sorpresa che il suo conto era stato prosciugato attraverso operazioni online, un servizio che lui stesso non aveva mai attivato.

La donna dovrà rispondere dell’accusa di un reato grave, punibile fino a cinque anni di reclusione, oltre alla confisca del profitto illecito. L’operazione della Guardia di Finanza di Treviso ha avuto l’obiettivo di tutelare non solo la vittima del reato, ma anche di garantire il corretto utilizzo dei sistemi di pagamento digitali, ormai diffusi su larga scala.

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