Riforma sanitaria regionale, dopo la maratona di discussioni in Consiglio la maggioranza approva la legge
Trieste – È stata approvata in Consiglio regionale il 6 dicembre, dopo una maratona conclusasi alle 2 di notte, la riforma del sistema sanitario regionale, il Disegno di legge n. 70 “Riorganizzazione dei livelli di assistenza, norme in materia di pianificazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria e modifiche alla legge regionale 6/2006 e alla legge regionale 26/2015”.
27 i voti favorevoli del centrodestra, 18 i no di: Pd, Cittadini, Patto per l’Autonomia, Open Sinistra FVG, Movimento Cinquestelle e di Walter Zalukar del Gruppo Misto.
Il Disegno di legge era stato formulato dalla Giunta e presentato lo scorso 24 ottobre. Esaminato dalla Commissione III (Tutela della salute, servizi sociali, alimentazione, previdenza complementare e integrativa), il testo era stato approvato a maggioranza con modifiche.
“Questa riforma, frutto di ascolto e condivisione, è un atto di grande serietà perché impedisce che la sanità diventi preda di una concezione distorta del consenso elettorale, stabilendo che la politica stia fuori dalle decisioni tecniche e organizzative e rimanga correttamente nelle funzioni di indirizzo e controllo”. Questo il commento del governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
Fedriga ha sottolineato come con questo nuovo impianto normativo si riesca “finalmente” a dare un ordine al sistema della sanità regionale attraverso la diminuzione del numero delle Aziende sanitarie.
Cambia, secondo il governatore, anche il rapporto con il cittadino alle prese con un problema di salute in quanto, collegando operativamente la fase ospedaliera a quella sociosanitaria con il coinvolgimento dei distretti e dei Comuni, viene garantito un accompagnamento completo.
Relatori di maggioranza del Disegno di legge sono stati: Ivo Moras, Mara Piccin. Relatori di minoranza: Giampaolo Bidoli, Andrea Ussai, Simona Liguori, Mariagrazia Santoro, Furio Honsell.
L’esame in Aula era iniziato il 4 dicembre con la relazione di maggioranza presentata da Ivo Moras (Lega): “La riforma che ci apprestiamo a votare – ha detto il consigliere – rappresenta la logica conseguenza del cammino intrapreso solo un anno fa, con l’approvazione della Legge 27/2018 con la quale venivano gettate le basi per la programmazione e riorganizzazione del sistema sanitario friulano”.
Tra i fattori considerati dal provvedimento, ha spiegato l’esponente della maggioranza: “il progressivo invecchiamento della popolazione, la necessità di integrazione socio-sanitaria e assistenziale, il ruolo del Distretto quale Centro per Committenza, Controllo, Integrazione e Presa in Carico e il modello Hub&Spoke come logica di differenziazione e specializzazione della rete ospedaliera”.
Da parte sua Mara Piccin (FI) ha affermato che “Con il ddl 70 siamo chiamati a individuare delle soluzioni operative che permettano di superare le criticità e che richiedono un ripensamento dell’organizzazione complessiva del sistema sanitario regionale da attuare anche attraverso un’equilibrata e coerente integrazione tra i processi delle strutture ospedaliere e quelli del servizio territoriale, in un’ottica di ottimizzazione dell’allocazione delle risorse umane e strumentali, sfruttando anche le economie di scala”.
La discussione, molto vivace, si è protratta per tutta la giornata di giovedì 5 dicembre ed è continuata per tutta la notte fino alle 2 del mattino, fino all’approvazione di tutti gli articoli.
Le ragioni dell’opposizione
PD: la riforma punta al privato
“Il centrodestra ha tolto la maschera: rafforzare la sanità pubblica non è tra le loro priorità, meglio rivolgersi prima al privato”.
A dirlo è la consigliera regionale Pd, Mariagrazia Santoro, relatrice di minoranza del ddl 70.
“Il rafforzamento della sanità pubblica deve essere il primo obiettivo a cui dobbiamo guardare”. È quanto ha chiesto il Pd attraverso un emendamento al ddl 70, “che puntava a un impegno per dare forza, come crediamo sia naturale, al pubblico, convinti che sia giusto far crescere le professionalità e le strutture pubbliche”.
Secondo Santoro, “il problema è che non sostenendo il pubblico adeguatamente si rischia di aggravare seriamente la carenza del personale, tra medici di base, specialisti, i sotto-organici nelle professioni sanitarie, il tema della demografia professionale e, non neghiamolo, la fuga che c’è verso il privato a causa della demotivazione e degli eccessivi carichi di lavoro progressivi.
Open sinistra FVG: autoritarismo e approssimazione
Il relatore di minoranza Furio Honsell ha dichiarato che “Nell’ambito della discussione relativa alla “controriforma” sanitaria, a nome di Open Sinistra Fvg è stato possibile intervenire positivamente nel dibattito ottenendo l’approvazione di 5 di emendamenti volti ad affermare alcuni concetti che consideriamo di centrale importanza. Innanzitutto siamo riusciti a far ribadire il principio di equità in salute e dell’accesso restituendo così la centralità del valore sociale ed etico della sanità pubblica e universalistica. Sono stati inoltre approvati emendamenti volti ad affermare i principi della sostenibilità ambientale, di una visione sistemica integrata finalizzata alla “salute-in-tutte-le-politiche”, nonché della prevenzione e della promozione di stili di vita sani”.
“La positiva valutazione di alcuni emendamenti – ha proseguito Honsell – conferma l’importanza di un lavoro di esame consiliare attento e condiviso e sarebbe utile che in futuro questo stile diventi regola e non eccezione. Ma gli emendamenti approvati e la migliore capacità di ascolto non eliminano il giudizio complessivamente negativo su un disegno di legge che sembra essere animato essenzialmente da una volontà di smantellamento nominalistico dell’esistente più che di aggiustamento dei punti critici. Siamo davanti a una mera manifestazione d’intenti priva di indicatori chiari e oggettivi per una valutazione razionale dell’efficacia delle politiche – quali continuità assistenziale, livello di affollamento dei pronto soccorsi, controllo dell’uso degli antibiotici e contrasto dell’antimicrobial resistence che presenta – come in molti altri rilevanti atti legislativi – un eccesso di deresponsabilizzazione del potere politico che da un lato mostra i muscoli imponendo provvedimenti e forzando procedure e dall’altro delega quote di responsabilità politica ad altri soggetti creando un contesto ambiguo e confuso, dove non è chiaro chi fa e che cosa, che fa tornare in mente la celebre definizione della monarchia asburgica negli anni della sua decadenza: “autoritarismo temperato dall’improvvisazione”
Cittadini: una legge improvvisata
Simona Liguori, relatrice di minoranza per il Gruppo di Cittadini, ha mosso diverse critiche al modello proposto dalla giunta di centrodestra: “Le finalità della legge non sono una novità e certamente sono condivise – ha spiegato Liguori – ma ciò che non funziona sono i modelli proposti per il raggiungimento degli obiettivi: un impianto tutt’altro che solido, a tratti improvvisato, che sembra non convincere neppure la Giunta la quale, rispetto al testo proposto inizialmente, ha fatto una palese retromarcia durante l’esame in Commissione”. Il riferimento di Liguori è all’assistenza territoriale la cui erogazione del servizio era stata, inizialmente in forma obbligatoria, tolta ai distretti e affidata ad una nuova struttura aziendale, il Dipartimento di assistenza distrettuale.
“In Commissione – ha commentato Liguori – quella che doveva essere la grande innovazione del modello proposto è stata derubricata a mera opzione a disposizione dei futuri direttori generali, segno che neppure nella Giunta stessa vi fosse convinzione nella proposta. Inoltre il modello non poggia su una compiuta analisi critica della situazione esistente, né si confronta con le esperienze delle altre regioni”.
Patto per l’Autonomia: comunità abbandonate
“Il ddl della riforma sulla sanità rischia di non entrare nel merito degli obiettivi di riorganizzazione profonda del sistema sanitario regionale che questa maggioranza si propone”, afferma il consigliere regionale Giampaolo Bidoli, relatore di minoranza.
“Alla luce delle aspettative di vita sempre più lunghe e dell’aumento della spesa sanitaria, è necessaria una programmazione di ampio respiro, che in questo ddl facciamo fatica ad individuare”, osserva Bidoli, che evidenzia come criticità la scarsità di strumenti indicati per perseguire le finalità fissate e il fatto che in molti casi la loro definizione sia rinviata ad atti giuntali o aziendali con il rischio di finire in un quadro di generale indeterminatezza. Perplessità permangono anche in merito al potenziamento del ruolo dei distretti, se non viene garantita contestualmente una dotazione economica e organica adeguata, e in ordine alle farmacie e al loro ruolo di “punti salute sul territorio”, obiettivo condivisibile, ma che si scontra con il fatto che “nelle aree montane tante farmacie stanno chiudendo per sempre i battenti, eliminando di fatto un buon servizio sanitario di prossimità fondamentale per la sopravvivenza di una comunità”.
M5S: legge fotocopia
Un disegno di legge che, per il principio della delegificazione o per cercare di non scontentare nessuno, rimanda quasi tutto a numerosi atti amministrativi della Giunta, senza prevedere nemmeno il parere della Commissione consiliare competente.
Lo afferma Andrea Ussai (M5S) che nella sua relazione per l’Aula definisce il ddl 70 una “legge delega” i cui i principi sono condivisibili, ma in cui non si capisce come si vogliano raggiungere gli obiettivi prefissati.
Si mette l’accento sull’integrazione socio-sanitaria, sulla presa incarico degli assistiti, sull’attenzione alla domanda di salute e non solo all’offerta dei servizi, con l’obiettivo di spostare le attività e le risorse “dal segmento ospedaliero a quello distrettuale”, rimodulando inoltre l’assistenza della medicina primaria.
“Manca un qualsiasi riferimento sia alla valorizzazione delle professioni sanitarie, fondamentali per fronteggiare le patologie di lunga durata, che alle politiche relative al personale, vera risorsa che manda avanti il sistema, e, tra gli elementi che maggiormente destano preoccupazione c’è l’organizzazione del sistema di emergenza – urgenza: il modello attuale ha dimostrato di non funzionare, ma la scelta da parte della Giunta è stata quella di mantenere lo status quo”.
L’impostazione voluta dalla Giunta precedente rimane invariata per Ussai, tanto che questa riforma si può definire una “Serracchiani – Telesca 2.0”, nonostante le forti critiche piovute dal centrodestra nei confronti della legge approvata durante la scorsa legislatura.