Ricerche archeologiche sul Carso triestino: ritrovato un pugnale di rame del terzo millennio a.C.

Trieste – Un pugnale di rame, raro manufatto risalente alla seconda metà del III millennio a.C., è stato rinvenuto nella grotta Tina Jama, situata nel Carso triestino a Sgonico, all’interno della Riserva Naturale del Monte Lanaro. Contestualmente sono stati trovati numerosi reperti in ceramica e strumenti in pietra che gettano nuova luce sulla storia delle regioni adriatiche nord-orientali.

Questi rsultati sono il frutto della campagna di scavi condotta dai ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Il pugnale, che misura circa 10 cm ed è caratterizzato da una forma a foglia con codolo, rappresenta un unicum nel suo genere in Italia, con confronti simili rintracciati solo nelle palafitte di Dežman/Deschmann, in Slovenia, vicino a Lubiana.

La scoperta è stata presentata a Trieste nei giorni scorsi a Palazzo Economo, alla presenza di rappresentanti istituzionali tra cui Monica Hrovatin, sindaca di Sgonico, e Andrea Pessina, segretario regionale del MiC per il Friuli Venezia Giulia, oltre ai responsabili degli scavi, i professori Federico Bernardini e Elena Leghissa.

Una struttura in pietra e misteriosi frammenti di cranio

Gli scavi hanno portato alla luce anche una struttura composta da lastre e blocchi di pietra che chiudeva l’accesso alla grotta tra il 2.000 e il 1.500 a.C. La funzione di questa struttura rimane oggetto di studio: alcuni frammenti di cranio rinvenuti nelle vicinanze suggeriscono una possibile destinazione funeraria, anche se gli archeologi ipotizzano che possa essere stata costruita per proteggere la grotta dai freddi venti di bora.

Un sito di millenaria frequentazione

La grotta Tina Jama custodisce tracce di frequentazione umana che coprono un arco temporale di migliaia di anni, con testimonianze che spaziano dall’età del Bronzo a quella del Rame. Oltre al pugnale, sono stati rinvenuti numerosi strumenti e manufatti: punte di freccia e lunghe lame di selce lavorate a pressione, asce in pietra levigata e ornamenti in conchiglia, oltre a un raro manufatto in ossidiana, probabilmente importato dal sud Italia o dal centro Europa. La presenza di un focolare e i materiali ceramici raccolti suggeriscono che la grotta fosse utilizzata da gruppi con contatti culturali con l’area dalmata, in particolare con la cultura di Cetina.

Ricerche future

Le ricerche nella grotta Tina Jama sono state rese possibili grazie alla collaborazione dei proprietari del terreno e di aziende locali che hanno offerto supporto logistico. “Gli scavi stanno contribuendo a chiarire importanti aspetti della preistoria recente dell’Adriatico nord-orientale”, ha spiegato Federico Bernardini, direttore degli scavi. La scoperta del pugnale e dei resti litici indica che la grotta potrebbe riservare ancora molte sorprese.

La grotta Tina Jama si rivela quindi un sito chiave per la comprensione delle trasformazioni culturali, tecnologiche e sociali delle regioni adriatiche durante la preistoria. I prossimi scavi si concentreranno sull’approfondimento delle relazioni culturali e degli scambi tra le diverse comunità dell’area del Caput Adriae, aprendo la strada a nuove scoperte e a una più ampia ricostruzione della vita e delle tradizioni delle popolazioni di oltre 4.000 anni fa.

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