Nuovo rifiuto dell’assistenza ASUGI per il fine vita nonostante l’ordine del Tribunale

Trieste – La signora Martina Oppelli, 49 anni, residente a Trieste e affetta da sclerosi multipla progressiva, ha nuovamente visto respinta la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito da parte dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI).

Nonostante il peggioramento delle sue condizioni e un’ordinanza del Tribunale di Trieste che imponeva una rivalutazione medica, l’ASUGI ha rifiutato l’accesso alla procedura, ignorando la sentenza 135 del 2024 della Corte Costituzionale e lasciando la signora Oppelli in una condizione di sofferenza senza fine.

Per questo giovedì 29 agosto, alle 15:30, Martina Oppelli e l’Associazione Coscioni presenteranno le prossime azioni e iniziative giudiziarie in risposta al diniego. La conferenza stampa si terrà all’Antico Caffè San Marco, via Cesare Battisti 18, Trieste.

Il contesto giuridico e sanitario

La sentenza 135 del 2024 della Corte Costituzionale ha fornito una definizione estensiva dei trattamenti di sostegno vitale, includendo procedure come l’evacuazione manuale, l’inserimento di cateteri e l’aspirazione del muco bronchiale, che possono essere svolte anche da familiari o caregiver. Quando l’interruzione di questi trattamenti porta alla morte del paziente in breve tempo, essi sono considerati vitali.

Martina Oppelli, totalmente dipendente da macchinari, farmaci e assistenza continua per le sue funzioni vitali, rientra chiaramente in questa definizione.

Nonostante ciò, l’ASUGI ha respinto la richiesta della signora Oppelli, argomentando che i trattamenti di cui lei dipende non sono considerati vitali. Questa decisione ha lasciato basita Martina, che ha espresso tutta la sua frustrazione per il diniego:

“L’ASUGI nega l’evidenza della mia condizione di totale dipendenza vitale da persone, farmaci e macchinari. La sclerosi multipla mi ha privata di qualsiasi movimento, lasciandomi solo la capacità di pensare, parlare e autodeterminarmi. Ora mi si chiede di assumere farmaci che potrebbero alleviare il dolore, ma al costo di perdere la lucidità necessaria per decidere e mantenere una parvenza di vita normale. Non posso accettare questa tortura di Stato. Quella che sto affrontando non è una guerra, ma una battaglia legale per far valere il diritto all’accesso al suicidio assistito.”

La replica di ASUGI

ASUGI comunica che il giorno 8 agosto 2024 gli organismi tecnici da sè individuati hanno concluso, nei tempi e nelle modalità indicate dal Giudice del Tribunale Ordinario Civile di Trieste, le valutazioni per verificare la sussistenza in capo a M.O. dei requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito e per garantire la tutela della condizione di fragilità della paziente.

Come noto, si è trattato della seconda valutazione operata dagli organismi tecnici dell’Azienda Sanitaria, che nella valutazione risalente alla fine dello scorso anno (2023) avevano escluso che M.O. avesse titolo per accedere alla procedura di suicidio assistito in quanto non mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

La Commissione Tecnica multidisciplinare per l’accertamento dei requisiti individuata da ASUGI (con giudizio condiviso anche dal Nucleo Etico per la Pratica Clinica, cui in caso è stato sottoposto) ha confermato gli esiti della precedente valutazione ritenendo che, anche alla data attuale e nonostante il peggioramento lamentato dalla paziente, la stessa non possa ritenersi mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

La commissione ha provveduto all’analisi del caso e ad operare le proprie valutazioni sulla scorta di un rigoroso approccio metodologico che ha assunto quale base di partenza le indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale (con i noti pronunciamenti n. 207/2018, 242/2019 e 135/2024) e dai precedenti giurisdizionali che in questi anni hanno contribuito a tracciare i confini di un accertamento (quello del mantenimenti in vita da trattamenti di sostegno vitale) che ancora oggi, nonostante la crescente domanda, non ha un riferimento normativo.

La valutazione operata dalla Commissione riflette, in particolare, la posizione assunta della Corte Costituzionale nella recente ordinanza n. 135/2024 (preceduta da un parere del Comitato Nazionale di Bioetica approvato a maggioranza) che ha chiarito che la dipendenza dall’assistenza di terzi integra il requisito necessario all’accesso al suicidio assistito solo ove comporti l’esecuzione di  trattamenti di tipo sanitario (senza i quali la porte del paziente interverrebbe anche in tempi relativamente brevi) in mancanza dei quali il requisito non è integrato e la dipendenza dell’assistenza di terzi non assume rilevanza decisiva.

Il Supporto legale e l’Associazione Coscioni

Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha criticato duramente la relazione dell’ASUGI, definendola un insulto alla sofferenza di Martina:

“Nella relazione si mette in dubbio perfino la necessità della macchina della tosse, quasi fosse un capriccio preventivo. L’azienda sanitaria basa la sua posizione sul parere del Comitato nazionale per la bioetica, un organo consultivo privo di valore normativo. Questo mentre viene sminuita la sentenza 135 del 2024, che ha chiarito che i trattamenti di sostegno vitale includono tutte quelle procedure eseguite da personale sanitario ma che possono essere apprese dai caregiver”.

“Nel caso di Martina, sono infermieri e assistenti privati a occuparsi delle sue funzioni vitali, e senza il loro supporto, Martina morirebbe in breve tempo tra atroci sofferenze. Procederemo legalmente contro questa valutazione che non rispecchia la realtà delle condizioni di Martina, attivando anche le vie necessarie per accertare le responsabilità delle gravi conseguenze di questa decisione.”

Il percorso di Martina Oppelli

La lotta di Martina Oppelli per l’accesso al suicidio assistito è iniziata mesi fa, quando, a seguito dell’inevitabile peggioramento della sua condizione dovuto alla sclerosi multipla, ha chiesto l’assistenza per la procedura. In Italia, il suicidio assistito è legale solo in presenza di quattro requisiti: la capacità di autodeterminarsi, la presenza di una patologia irreversibile, sofferenze intollerabili e la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Nonostante la gravità della sua condizione, l’ASUGI aveva già negato a Martina l’accesso alla procedura, sostenendo che i trattamenti a cui era sottoposta non erano considerati vitali.

Il Tribunale di Trieste, riconoscendo il peggioramento delle condizioni della signora Oppelli e la sua dipendenza dalla macchina della tosse, aveva ordinato all’ASUGI di rivalutare il caso. Tuttavia, l’azienda sanitaria ha nuovamente negato l’accesso al suicidio assistito, basandosi su una relazione che sminuisce l’importanza dei trattamenti vitali per Martina.

Il fine vita in Italia

In Italia, l’accesso al suicidio assistito è regolamentato dalla sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, che ha parzialmente depenalizzato l’articolo 580 del codice penale, permettendo l’accesso alla procedura solo in presenza di specifici requisiti di salute. Questi requisiti devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale, con il parere del comitato etico competente, secondo le modalità previste dalla legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT).

La battaglia di Martina Oppelli rappresenta un caso emblematico delle difficoltà che le persone affette da gravi patologie devono affrontare per vedere riconosciuto il loro diritto a una morte dignitosa. Nonostante le chiare indicazioni della Corte Costituzionale, l’assenza di una legislazione nazionale chiara e univoca continua a lasciare molte persone in condizioni di sofferenza prolungata, senza possibilità di scelta.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi