“Memorie del sottosuolo” al Teatro dei Fabbri per la rassegna di teatro contemporaneo
Trieste – Nuovo appuntamento al Teatro dei Fabbri di Trieste, nell’ambito della rassegna di teatro contemporaneo “Aifabbri2” della Contrada, mercoledì 6 e 7 dicembre alle 20.30, con lo spettacolo “Memorie del sottosuolo” una messa in scena di Marco Isidori dal romanzo dello scrittore russo Dostoevskij.
Lo spettacolo, una produzione “Marcido”, è interpretato da Paolo Oricco e vi è un unico elemento scenico, quasi un “coprotagonista”: l’opera pittorica Trionfo della Morte di Daniela Dal Cin, ispirata all’affresco quattrocentesco di Palazzo Abatellis a Palermo, uno scenario che interagisce con l’attore, che “recita” tramite l’attore.
Memorie del sottosuolo scritto nel 1864 è stato considerato dai critici come un’anticipazione dei capolavori della maturità di Dostoevskij e viene paragonato a un grande affresco impressionista, scandaglio dell’animo umano di cui l’autore fu maestro indiscusso anticipando i grandi romanzieri europei. Scendendo nel sottosuolo, il protagonista, malato e ossessivo, intriso di rancore sociale, autoesclusosi da tutti, non trova nell’isolamento la fine del suo odio verso il mondo e l’umanità intera, né una dimensione pacificata con se stesso: al contrario, questo scavo
nell’inconscio non gli permette di vedere meglio la sua condizione ma gli produce, un senso di insana gratificazione di chi è superiore, anche solo di qualche gradino, rispetto a qualcun altro.
La storia è un convulso e delirante susseguirsi di tensioni vendicative, pensieri balordi, animosi, conditi di sadismo e masochismo insieme: più che un vero male di vivere, un’angoscia dell’esistenza. Con questo spettacolo i “Marcido” affrontano finalmente quella che loro stessi definiscono una loro “tendenza dostoevskijana”, presente nelle corde della compagnia fin dal loro esordio. Con queste “Memorie”, la compagnia porta in scena il gorgo altalenante di gioia e disperazione al quale l’uomo non può sottrarsi. «Il sale – racconta Paolo D’Orrico – della nostra arte, del nostro lavoro sta proprio nell’affrontare sfide che ci spingano oltre il limite, e in questo ci trova proprio fratelli con Dostoevsky, che affermava appunto per tutta la vita ha cercato di oltrepassare il limite; è una tensione che ci appartiene in quanto teatranti e in quanto “Marcido”.»