Linguaggio inclusivo nella comunicazione istituzionale, ampio dibattito in Consiglio regionale
Trieste– Nel corso di una seduta particolarmente accesa del Consiglio regionale, svoltasi martedì 18 marzo, è stata respinta a maggioranza la proposta di adottare un linguaggio maggiormente inclusivo nelle comunicazioni istituzionali. Il dibattito svoltosi in Aula è tuttavia un’occasione per riflettere sulle diverse nozioni di linguaggio nelle formazioni politiche in Regione e non solo.
La mozione e i dibattito
La mozione, presentata a prima firma da Giulia Massolino del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg e sostenuta interamente dalle opposizioni, puntava a rivedere gli atti e i documenti regionali per limare le espressioni eccessivamente androcentriche, prendendo le mosse da quanto affermato dal linguista britannico Norman Fairclough.
Fairclough, docente di linguistica all’Università di Lancaster, è noto per le sue teorie sull’analisi critica del discorso (CDA), che esaminano come il linguaggio sia legato al potere e all’ideologia. Fairclough sostiene che il linguaggio non è solo un mezzo neutrale di comunicazione, ma è profondamente coinvolto nella costruzione e nel mantenimento delle relazioni di potere all’interno delle società.
Il documento presentato dall’opposizione richiedeva, inoltre, la redazione di un prontuario sulla comunicazione inclusiva in collaborazione con la Commissione pari opportunità, un’iniziativa che avrebbe avuto l’obiettivo di tradurre in pratica un impegno verso la parità di genere e l’inclusione sociale.
I sostenitori della mozione hanno evidenziato come il linguaggio, oltre a riflettere la visione della realtà, sia uno strumento che plasma il nostro modo di pensare e relazionarci. Manuela Celotti del Partito Democratico ha sottolineato che il linguaggio pur essendo dinamico e in continua evoluzione può essere indirizzato verso forme che rispondano meglio alle istanze dell’inclusività.
Rosaria Capozzi (M5S) ha anche richiamato l’esperienza del Parlamento europeo e il contributo dell’Accademia della Crusca, ricordando che la battaglia per un uso neutro dei termini ha radici profonde sia in Italia che all’estero. Secondo le consigliere, adottare un linguaggio non discriminatorio non è un mero capriccio ideologico, ma una necessità per avanzare verso una società più equa e inclusiva, in cui le parole diventino strumenti di riconoscimento e di rispetto per tutte le componenti sociali.
La mozione ha incontrato una forte contrarietà da parte degli esponenti della maggioranza. Michele Lobianco di Forza Italia ha criticato la procedura, evidenziando come l’argomento sia stato portato in Aula senza un confronto preliminare in Commissione, definendolo un percorso ideologico non necessario a interventi strutturali.
Maddalena Spagnolo della Lega ha sostenuto che questo tema sia troppo carico di retorica, accusando la proposta di essere eccessivamente ideologizzata. Sempre in ambito Lega, la consigliera Lucia Buna ha liquidato come sia “imbarazzante perdere tutto questo tempo e dare così tanto spazio al tema del linguaggio di genere. Non è che dobbiamo decidere qui se diventeremo più o meno donne con questa terminologia che dovrebbe essere stravolta subito e ovunque, anche nei documenti all’interno del Consiglio regionale”.
Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Claudio Giacomelli, ha osservato che il linguaggio evolve spontaneamente attraverso l’uso quotidiano e che imporre regole specifiche rischierebbe di forzare una situazione che si sta già modificando nel tempo. Per i consiglieri della maggioranza, l’adozione forzata di un “prontuario” sulla comunicazione inclusiva rischia di limitare la libertà di espressione, favorendo una “autocensura” che non riflette le esigenze reali della società.
Le critiche delle componenti più conservatrici dell’aula si riferiscono al concetto di linguaggio “politicamente corretto (detto anche “woke”, un’espressione coniata negli Stati Uniti), ritenendo che la sua adozione imporrebbe restrizioni alla libertà di parola, con il rischio di trasformare una pratica linguistica in una sorta di arma ideologica. Alcuni critici temono inoltre che l’attenzione eccessiva alla forma possa mascherare la mancanza di sostanza nei provvedimenti concreti, alimentando sospetti di ipocrisia istituzionale.
Il riferimento a correnti di pensiero progressiste, come il femminismo e i movimenti per i diritti delle persone LGBTQ+, viene poi visto come una minaccia ai valori tradizionali e alla struttura sociale consolidata, creando così un clima di polarizzazione politica che rende difficile il consenso su temi che, pur essendo fondamentali, risultano controversi.
Tornando al dibattito in aula, Laura Fasiolo e Roberto Cosolini del Partito Democratico hanno controbattuto gli esponenti della maggioranza richiamando l’attenzione sul fatto che il linguaggio è espressione del sociale e che ogni cambiamento richiede tempo e confronto costante. Hanno ribadito che, sebbene le divergenze siano evidenti, il dibattito stesso rappresenta un passo verso una maggiore consapevolezza e inclusività, evidenziando come le parole non siano mai neutre, ma modellino le relazioni e le gerarchie sociali.
Più tranciante la reazione della consigliera regionale Giulia Massolino, del gruppo Patto per l’Autonomia-Civica Fvg, che esprime il suo disappunto per la bocciatura della mozione sul linguaggio di genere di cui è prima firmataria: “È stato davvero sconsolante il dibattito odierno sulla mozione per il linguaggio di genere, inquinato dalle affermazioni della maggioranza intrise di luoghi comuni e benaltrismo”.
Infine anche il governatore Massimiliano Fedriga è intervenuto nel dibattito: dopo aver riaffermato l’impegno e i successi della Regione nelle politiche per le pari opportunità, ha richiamato alla necessità di considerare tutte le istanze, senza trascurare il peso delle tradizioni e delle radici storiche.
Il contrasto tra chi spinge per un linguaggio che favorisca l’uguaglianza e chi lo vede come un’imposizione ideologica emerso nel dibattito in Aula riflette un più ampio scontro di visioni sul ruolo della cultura e della comunicazione nella società contemporanea.