Leggi razziali, 80 anni dalla proclamazione a Trieste. Una pagina buia della nostra storia
Trieste – Sono passati 80 anni da quando, il 18 settembre 1938, da un palco posto davanti al municipio di Trieste, Benito Mussolini, in occasione di una sua visita alla città, annunciava l’entrata in vigore delle leggi razziali.
Si trattava di una serie di regi decreti legge che, tra l’estate e l’autunno del 1938 a cominciare dal 5 settembre, furono firmati da Benito Mussolini in qualità di capo del governo e poi promulgati dal re Vittorio Emanuele III.
La legislazione antisemita comprendeva: il divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei, il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana, il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico – come banche e assicurazioni – di avere alle proprie dipendenze ebrei.
Fu stabilito il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri, la revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919, il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali.
Nel campo dell’istruzione, fu introdotto il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei – che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche – nelle scuole pubbliche, il divieto per le scuole medie di assumere come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo.
Fu inoltre disposta la creazione di scuole – a cura delle comunità ebraiche – specifiche per ragazzi ebrei. Gli insegnanti ebrei avrebbero potuto lavorare solo in quelle scuole.
Per la legislazione fascista era ebreo chi era nato da: genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica.
Nel 1939 fu introdotta con un’integrazione al Regio decreto del novembre 1938 la figura del cosiddetto “ebreo arianizzato” verso il quale le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni.
Le leggi razziali furono abrogate con i regi decreti legge 25 e 26 del 20 gennaio 1944, emanati durante il Regno del Sud, quando il governo italiano, guidato da Badoglio dopo la fuga da Roma, si era trasferito a Brindisi.
Furono oltre 300 i docenti costretti a lasciare gli atenei italiani, senza contare i professori di liceo, gli accademici, gli autori di libri di testo messi all’indice e i tanti giovani laureati e ricercatori, la cui carriera fu stroncata sul nascere.
Alcuni degli scienziati e intellettuali ebrei colpiti dalle leggi razziali emigrarono all’estero. Tra di loro ci fu il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka, che dovette riparare in Sud America.
Teodoro Mayer, fondatore e proprietario de “Il Piccolo”, che pure aveva ricoperto incarichi durante il fascismo, dovette lasciare ogni incarico pubblico. Su richiesta del governo, fu costretto a vendere il quotidiano ad un prezzo stracciato rispetto al suo valore.