Le Regioni chiedono solo cinque indicatori per il lockdown, il ministro difende i ventuno

Roma – La Conferenza delle Regioni svoltasi il 17 novembre ha proposto al Governo l’uso di cinque indicatori specifici (anziché 21) per determinare il rischio contagio nelle regioni italiane. Per le Regioni gli attuali parametri sono “inadeguati” e quindi “da rivedere”.

I cinque indicatori sono: la percentuale di tamponi positivi escludendo tutte le attività di screening e re-testing degli stessi soggetti, un Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata Iss, il tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva per pazienti Covid e quello dei posti letto totali per pazienti-Covid oltre alla possibilità di garantire adeguate risorse per contact-tracing, isolamento e quarantena e il numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing

In prima fila a premere sul governo il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che aveva chiesto e ottenuto la riunione straordinaria della Conferenza delle Regioni.

“Potremo finalmente confrontarci sui criteri applicati dal Comitato tecnico scientifico rispetto ai dati forniti a livello regionale – aveva affermato il governatore -. È un atto dovuto per chiarezza nei confronti dei cittadini e delle imprese della mia regione”.

Sabato scorso il presidente Fedriga, dopo la decisione del governo di applicare al Friuli Venezia Giulia le misure per la zona arancione, aveva ritirato l’ordinanza appena emessa che prevedeva già regole più rigorose.

Il ministero della Salute difende i 21 indicatori

“I numeri di oggi indicano una situazione seria che non puo essere sottovalutata – ha affermato il ministro Speranza –  c’è una circolazione significativa del virus. I segnali sull’andamento dell’Rt hanno indicato un primissimo segnale di controtendenza, ma non basta”.

“Dobbiamo portare subito l’Rt sotto 1 e poi vedremo meno ricoveri, ma i i decessi sono gli ultimi a risentirne. Le misure che stiamo assumendo sono indispensabili – ha aggiunto il ministro -. È una valutazione che dovremo fare, ci vuole grande gradualità e prudenza, prima le regioni rosse che chiedono di tornare indietro avevano un Rt sopra 2, ora è sceso. Sono per consolidare il risultato, non dobbiamo avere fretta. Attenzione, lì si stano facendo sacrifici, ma serve massima prudenza. Lavoriamo perché le misure possano ridursi, ma guai ad avere fretta”.

“Avere piu indicatori significa avere una fotografia più completa e larga. Questi 21 indicatori li usiamo da maggio e ci hanno aiutato a leggere l’epidemia, dopo di che il dialogo con le regioni è sempre aperto, ma avere 21 criteri significa dotarsi di una fotografia più affidabile. Oggi questo è il modello che abbiamo e dobbiamo rispettarlo. Abbiamo un modello che in questa seconda ondata prova a non farci chiudere tutto dappertutto. Questa sarebbe stata una scelta più facile ma avrebbe avuto un prezzo più alto”.

Le regioni oggetto di revisione

Le prime Regioni a essere sottoposte a nuova valutazione saranno, dal 20 novembre, quelle che sono state subito messe in zona rossa: Lombardia, Piemonte, Calabria, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano.

La pressione delle categorie produttive – specie ristoratori e commercianti – sui presidenti di Regioni si stanno facendo sempre più forti affinché si agisca sul governo per fargli allentare il più presto possibile la stretta anti-Covid.

Si conta di ottenere cambiamenti di fascia dal ministero della Salute anche prima del nuovo Dpcm che dopo il 3 dicembre definirà le regole per le feste natalizie.

Il meccanismo a tre colori ideato dall’esecutivo con l’ultimo Dpcm prevede però dei tempi ben precisi, che il ministro della Salute Roberto Speranza sembra intenzionato a far rispettare senza deroghe. La sottosegretaria Sandra Zampa conferma che l’obiettivo del governo è proseguire “con il modello “delle tre fasce, rossa, arancione e gialla”, mentre viene di nuovo escluso un lockdown totale come quello varato in Austria.

Governo e Comitato tecnico scientifico ritengono che a fronte di un primo, timido rallentamento della curva epidemica non sia il caso di mollare la presa, soprattutto se si vuole avere qualche possibilità di allentamento del rigore in occasione delle festività natalizie. Escluso a priori però che si possa festeggiare con cenoni e veglioni.

Il vaccino

“Una vaccinazione anti Covid alla popolazione su larga scala, avverrà da primavera inoltrata in avanti”.  Le prime dosi – ha ribadito Speranza – saranno destinate ai medici e agli infermieri in prima linea e alle persone più fragili.

“Il virus non scomparirà e quindi non sarà un Natale come gli altri: bisogna dire come stanno le cose. Non sarà così solo in Italia, ma penso in tutta Europa”.

 

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