La Madonna di Fatima al tempio di Monte Grisa. Intervista con il rettore p. Luigi Moro
Trieste – Entrando nel tempio mariano di Monte Grisa si ha la sensazione di entrare in un’astronave atterrata sulle colline che dominano la vista della città (Trieste) e il golfo. I triestini lo chiamano ironicamente il “formaggino”.
Dall’altra parte della sala ci saluta Padre Luigi Moro, rettore del tempio; sospinge una signora su una sedia a rotelle verso l’uscita. Siamo in perfetto orario per l’intervista che il sig. Giorgio Deschi ha reso possibile per questo giornale.
Chi è Padre Luigi e qual è il suo ruolo in questo tempio?
Sono il rettore di questo splendido tempio da ormai sei anni e appartengo all’ordine dei Servi del Cuore Immacolato di Maria; siamo nati da un istituto antico da padre Bruno Lanteri; il movimento ebbe molte traversie e fu sciolto poi da Cavour nel 1850 e solo successivamente, nel Concilio Vaticano, il Papa ci chiese di ritornare al carisma originale. Siamo una gemmazione di un Istituto antico, rilanciato con la spiritualità di Fatima (dal 1991) ottenendo l’approvazione a Roma, col cardinal Ruini.
Padre, lei ha fatto anche il missionario, è così?
Sì. Abbiamo aperto una comunità a Damur, sotto Beirut, una parrocchia a Maipul, presenti a Fatima poi abbiamo aperto una missione a Rakaju sotto Salvador Bahia e poi in varie parti d’Italia.
Cosa rappresenta questo luogo?
Il tempio è importante perché è una sintesi di tanti eventi storici, civili e religiosi. Monte Grisa è la cerniera che lega l’Occidente e l’Oriente, non soltanto europeo, e questo aspetto è molto importante perché ricorda la Comunione. Credo che Monte Grisa sia il monumento italiano più importante per la pace, non a caso collocato proprio qui, il simbolo perituro della Pace e della Comunione tra le genti, le comunità, quindi progressivo e confacente anche a divenire Tempio internazionale.
A quali Paesi appartengono tutte queste bandiere e stendardi?
Quelli sono memoriali dell’esodo; i famigliari degli esuli vengono spesso qui, dalle terre dalmate e istriane, a fare le celebrazioni in memoria dei loro cari; molti di loro non riconoscono più casa nelle loro terre natie mentre qui, in questo tempio, vedono una “casa” comune dove potersi ritrovare, ormai da generazioni. E ogni nicchia rappresenta una diversa Comunità.
Vedete quell’altare in fondo? (indica il fondo della sala e la sua voce si fa più gentile, come in segno d’ossequio) Ebbene, pochissimi sanno che quell’altare centrale ricorda 130.000 ragazzi che non sono più tornati dalla Guerra, anime disperse nei vari Paesi Europei: è un monumento al milite ignoto dell’ultimo conflitto mondiale, un altare alla memoria civile.
In questo altro memoriale (ci indica la facciata dell’ingresso) campeggia Beato Carlo I d’Austria. Egli non voleva la guerra in Europa; si è battuto affinché finisse la prima Guerra Mondiale. Mentre l’altro (indica un grande quadro alla sinistra di Beato Carlo) è un mio compaesano, è Padre Marco d’Aviano. La sua storia è incredibile! Vengano al Tempio gli amici friulani a vedere questo illustre concittadino perché è stato lui che ha aiutato i principi tedeschi e il re polacco a fermare gli ottomani alle porte di Vienna. E come ha fatto a mettere d’accordo i principi tedeschi che erano tutti protestanti e tutti in conflitto l’uno con l’altro? Aveva il Carisma; un carisma talmente grande che faceva i miracoli: malati che entravano in chiesa uscivano tutti lasciando le stampelle e questa cosa aveva impressionato tutti. È riuscito non solo ad unirli tutti ma con uno stratagemma unico è riuscito a far scendere dal Kalehnberg le truppe polacche: soltanto quattromila soldati, in massa, contro duecentomila; hanno preso spavento e sono fuggiti.
Anche Papa Paolo Giovanni II venne in questo tempio. E ne rimase folgorato, è vero?
Nel 1992, e disse: Maria Madre e Regina, qui, deve ricordare la pace dove la dimensione comunionale tra le genti del Nord, del Sud, dell’Est e Ovest dev’essere il suo Carisma, non solo dei Paesi frontalieri ma dell’Europa e del mondo intero. Così lo avevano voluto anche Papa Giovanni XXIII e poi Paolo VI che venne a benedire il tempio nel maggio del 1966.
Ci racconti un po’ la storia, la genesi di questo tempio.
La base, ovvero i vescovi, accolsero l’invito di Pio XII di consacrare l’Italia al Cuore Immacolato di Maria. Pio XII muore. Il successore, Papa Giovanni XXIII, sollecitato dai vescovi italiani, accolse questo invito e scelse per l’occasione il 16° Convegno eucaristico di Catania (13 settembre 1959, col Cardinale Memmi). Per sollecitare gli italiani alla Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, i vescovi pensarono di portare in pellegrinaggio, attraverso ben 93 città italiane, l’immagine di Maria Vergine con l’elicottero; l’ultima tappa era Trieste e, per l’esigenza di creare un ricordo perenne in ossequio alla Madonna, fu in questa città che venne posta la prima pietra. L’immagine della Madonna che abbiamo qui (indica il piano sopra, non senza nascondere l’entusiasmo) e che i triestini spesso non sanno nemmeno che cos’è, è un dono del vescovo di Fatima.
Vuole dirci che nella sala superiore sta la Madonna di Fatima?
Proprio così. Venite! (saliamo al piano e ci dirigiamo all’altare della Madonna). Questa non è una copia, è un prototipo fatto sul disegno della veggente Lucia. Ne esistono solamente due e uno ce l’abbiamo noi, donato. Quindi noi, qui, siamo gemellati con Fatima.
Ci racconta la storia di questo secondo originale della Madonna di Fatima?
Monsignor Santin (all’epoca vescovo della città, ndr) non voleva staccarsi da questa immagine. In una sua celebre omelia disse “O Madre Santa, non abbandonarci!”. Perché vedeva l’affezione della folla e lui desiderava che Ella rimanesse qui. E il vescovo di Fatima, mosso a compassione, lo accontentò. Se è vero che i papi lo hanno sempre designato quale tempio di pace è vero anche che, con l’immagine della Madonna di Fatima, la spiritualità si arricchisce perché porta in questo tempio la spiritualità di Fatima.
Nel tempio dedicato alla Madonna vi è anche un Cristo, quello crocifisso del grande scultore friulano Marcello Mascherini, in un’opera di grande effetto scenico e di grande valore artistico (un altro Cristo, dell’artista triestino Giorgio Delben, seduto che porge i chiodi del suo dolore, sta al piano di sotto) Passeggiando per l’enorme sala superiore ci si rende conto di camminare nella Storia, in un passato che riflette, attraverso le luci che entrano dalle finestre triangolari, getta la sua luce sui marmi del pavimento per riverberare lo sguardo che disegna il futuro.
Cosa ci dice delle sue forme ?
La sua architettura è un elemento di rottura con il passato. La punta di questo tempio è rivolta verso l’interno. Cosa sarà mai? È lo ying e yang cinese, dunque è un simbolo di complementarietà. Poi, guardandolo da sopra, sembra un favo d’api. Elementi fondamentali: le forme. E’ un tempio svettante, simbolo di trascendenza; c’è questa spinta verso l’alto che è un richiamo profondo alla Trascendenza di cui, oggi, si è dimenticato sotto le ceneri della dimensione quantitativa della vita moderna, e questo è un grande richiamo sotto il profilo simbolico.
Due parole sull’architetto che lo fece edificare.
Chi l’ha fatto era un grande umanista, l’ingegner e architetto Antonio Guacci. Vedete queste qui? Ci indica di guardare in alto. Sono 3 vele, due più piccole e una più grande centrale; vengono da un sogno che aveva fatto Mons. Santin. Questa è come la nave chiesa. Il Guacci, quasi sicuramente, si era ispirato all’architetto A. Neumann il quale (dai disegni del famosissimo architetto Le Corbusier) proponeva una personale interpretazione delle griglie proporzionali in base alle quali coordinare tutte le parti dell’edificio, una diversa armonia dello spazio disegnato a partire dalla proporzione umana. Era, in pratica, una sorta di umanizzazione dello spazio abitabile (da cui il suo testo L’Humanisation de l’espace, 1956; ndr).
Ritorniamo verso il basso e questa volta inforchiamo l’ala est del tempio. Anche qui memoriali si susseguono: uno dedicato, in forma di mosaico, ai santi Cirillo e Metodio, una bandiera della Federazione Russa e slovena e una stele dell’amicizia Austria-Croazia. Sul fondo, la copia della sacra Sindone; poco distante, quasi nel mezzo, si erge invece un’altra scultura, bellissima, anch’essa di un artista friulano contemporaneo, Roberto Milan, raffigurante la lotta tra il Bene e il Male. Mi sorge, dunque, spontanea la domanda.
Secondo lei, ci troviamo nel bel mezzo di una nuova grande battaglia tra Bene e Male?
Guardi, il Bene ed il Male esistono da sempre e ci accompagneranno fino alla fine. Il Male è una presenza misteriosa; San Paolo la chiamò il “Mistero dell’Iniquità”. Ogni epoca, ogni individuo, ogni circostanza si ritrova sempre nel bivio tra Bene e Male. Ma questa cosa la ritroviamo anche dentro noi stessi. È più facile infatti costruire una casa che, ad esempio, togliersi un vizio. Eh.. prova tu a toglierti un vizio! Noi tutti.. Siamo fatti per il “vero”. Non puoi barare con te stesso. Non puoi barare con la tua coscienza.
C’è però chi bara ogni giorno con la propria coscienza.
Sì, ma tu bari con la tua coscienza e non sei felice; l’insoddisfazione, l’aggressività, il brontolio che trovi ogni giorno in giro, intorno a te, significa che non sei in pace con te stesso; perché la pace viene prima da qui (si batte il cuore) prima che essere politica. E la pace esistenziale ce l’ha solo chi si congiunge profondamente con il Vero, con il Buono, con il Bello, con ciò che chiamiamo anche “bene comune”, se vogliamo buttarla sul politico. Se tu fuggi questa realtà o nascondi la testa sotto la sabbia, sfuggi a te stesso e sei sempre attore e chiamato a rispondere alla tua coscienza. Io lo vedo in molti anziani, in molte persone di mezza età, lo vedo con dolore tra i ragazzi che vengono qua: percepisco in loro la paura senza colpa di interrogarsi nel profondo delle loro coscienze: tra cuffiette, smartphone e tutte queste distrazioni.
Ci sono anche altre simbologie?
Certamente. Veniamo alla Storia. Il passato cosa rappresenta? Spesso l’ignoranza. Il presente cos’è? La Ricerca. In vista di che cosa? Di un ulteriore progresso. Questo è il pensiero cristiano, che è positivo. La stessa cosa avviene in campo politico, sociale, medico. Questo posto è importantissimo perché è un simbolo di Speranza, di Pace, di Bene, di Progresso e adatto alla gente di oggi perché è bene la comprensione profonda di questi valori (così come il rispetto).
La sua visone del rapporto tra Scienza e Fede?
Non c’è contrapposizione tra Scienza e Fede: queste sono solo fantasie ideologiche. Anche chi è religioso non contraddice la riflessione scientifica (dove sta scritta sta roba!?). Bisogna alzare il livello, alzare la riflessione, superando le ideologie.
In che condizioni si trova la struttura del Tempio, ora ?
Ciò che vedete lo ho fatto in quasi sei anni da rettore del tempio, ora siamo rimasti senza soldi (ammette sommesso, ciondolando il capo, per poi illuminarsi) ma ho Fede e so che Dio a volte opera con mezzi del tutto insufficienti! La struttura ha subìto negli anni gravi danni dovuti alle intemperie: infiltrazioni d’acqua e ammaloramento delle guaine hanno rovinato diversi bronzi che ho dovuto fare ristrutturare nel corso di un anno e mezzo. La maggior parte delle risorse viene dalle offerte della brava gente che ha preso a cuore questo tempio e l’immagine dell’Immacolata.
Mi sembra una buona occasione per farlo notare ai triestini e non solo a loro…
Ai triestini e ai friulani pure, dico invece che questo è un posto bellissimo, geometrico, legato a nessuna ideologia, libero. Questo è un monumento alla Città, alla Fede e alla Scienza, alla Trascendenza. Li invito a venire al Tempio, per guardarlo con “occhi diversi”, ora, e per pregare perché qui trovano la Madonna di Fatima che può ascoltare le loro pene, i loro problemi, e accogliere la loro solidarietà e la loro pace.
Di seguito la fotogallery a cura dell’autore: