Il direttore Paolo Valerio del Teatro Stabile del Friuli Venezia ricorda l’attore Glauco Mauri

Trieste – «Un uomo di una grande dolcezza e sensibilità, capace di trasmettere in palcoscenico le emozioni dei grandi personaggi riletti attraverso il suo nobile animo. Grazie Maestro». Paolo Valerio, direttore del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia ricorda con queste parole Glauco Mauri, la cui scomparsa lascia tutti coloro che amano il teatro profondamente addolorati.

Glauco Mauri ha frequentato costantemente – come attore, regista, in produzioni del Teatro Stabile o con la sua compagnia – il palcoscenico del Politeama Rossetti: l’ultima volta, salutato da lunghe standing ovation, in “Variazioni Enigmatiche” di Eric-Emmanuel Schmitt nel maggio del 2023. Uno spettacolo amatissimo, per la sua regia e interpretazione accanto a Roberto Sturno, in cui allo Stabile regionale era stato applaudito la prima volta nel 2002.

Ma sono molti i titoli ed i personaggi a cui Glauco Mauri si è accostato, con il suo inestimabile talento. Negli spettacoli prodotti dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia vanno almeno ricordati la sua magistrale prova in “Oblomov” che Furio Bordon trasse dal romanzo di Goncarov nel 1992 (interpretava il ruolo del titolo), e poi il suo impegno di regista nello shakespeariano “Riccardo II” con Roberto Sturno (1991) e nel 1993-1994 ne “L’idiota” capolavoro di Dostoevskij che mise in scena  con Sturno nel ruolo del principe Myskin e nuovamente nella riduzione di Furio Bordon.

Innumerevoli e sempre applauditissime le sue interpretazioni al Rossetti, teatro dove è stato sempre molto amato dal pubblico e affettuosamente accolto dallo staff. La prima volta data 1957, quando recitava con la Compagnia di Renzo Ricci ed Eva Magni in “Lunga giornata verso la notte” di Eugene O’Neill, nel 1968 è nel “Titus Andronicus” diretto da Aldo Trionfo, nel 1976 è nel cast de “La bisbetica domata” per la regia di Franco Enriquez, due anni dopo arriva a Trieste da protagonista accanto ad Anna Maria Guarnieri e diretto da Mario Missiroli in “Verso damasco” di Strindberg, poi è in “La duchessa di Amalfi”, “Macbeth”. Il 1988 è l’anno di “Faust”di Goethe  di cui è regista e interprete: un’operazione importante ed un grande successo. Il critico Giorgio Polacco lo definì, in questo spettacolo “furiosamente geniale”.

Successivamente, nei primi anni Novanta è nelle già citate produzioni ed anche ospite dello Stabile con la propria compagnia, quasi in ogni stagione, con “Sogno di una notte di mezza estate” per la sua regia, con “Don Giovanni” (regista e protagonista), nel pirandelliano “Tutto per bene”, negli atti unici di Beckett raccolti in “Dal silenzio al silenzio”, per arrivare poi a “Edipo” di Sofocle e “La tempesta” di Shakespeare. Negli anni 2000 affronta davanti alla platea di Trieste Ben Jonson nel “Il Volpone” e Goldoni con “Il bugliardo” fino alla magistrale, generosissima interpretazione de “L’ultimo nastro di Krapp” applaudito l’ultima volta nel 2019 nello spazio adattissimo della Sala Bartoli e di Abel Znorko, personaggio in cui ha continuato a magnetizzare il pubblico.

 

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