Giù gli arrivi della rotta balcanica ma non si ferma il flusso di migranti. Il rischio di allargamento delle reti illegali
Trieste – Nei giorni scorsi Frontex – Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – ha reso noti i dati 2024 sugli ingressi irregolari in Europa.
In particolare, viene rilevata una significativa riduzione degli attraversamenti irregolari lungo la rotta balcanica. Secondo i dati, c’è stato un calo del 78% rispetto all’anno precedente.
Allo stesso tempo sono aumentati gli arrivi in Grecia (+14%). Nei primi mesi del 2024, i flussi migratori verso la Grecia sono stati i più alti dal 2019, con un incremento del 154% in 5 anni, soprattutto attraverso la regione di Evros.
La Rotta Balcanica sempre più un’area di vasta illegalità
La riduzione delle presenze visibili nei Balcani, secondo varie Organizzazioni non governative che seguono il fenomeno, potrebbe essere dovuta a un aumento dei respingimenti illegali alle frontiere esterne dell’UE e alla riorganizzazione delle reti di trafficanti, che in risposta alle restrizioni alle frontiere hanno sviluppato tattiche più efficaci per rendere i transiti meno visibili.
Come evidenzia ICS-Ufficio Rifugiati di Trieste “l’idea che si stiano ottenendo successi significativi nella lotta contro le organizzazioni criminali, sebbene diffusa, non è supportata da una base scientifica adeguata”.
Esiste il rischio concreto che nell’ambito della rotta balcanica si stia estendendo sempre più l’area grigia di illegalità, una zona senza diritti e con scarse possibilità di controllo di ciò che accade alle persone che vi transitano.
A suffragio di questa ipotesi vi è uno studio, tuttora in corso, curato dall’Università di Bologna a cui contribuiscono docenti dell’Università di Trieste: The Game: Counter-mapping Informal Refugee Mobilities along the Balkan Route. I dati dell’indagine saranno presentati il prossimo 3 febbraio a Trieste, in un incontro che si svolgerà al Circolo della Stampa (ore 17-19).
La situazione dei Paesi di provenienza resta precaria o peggiora
Non vi è d’altra parte neppure una reale diminuzione delle partenze dai principali Paesi di origine dei rifugiati. In molti di questi Paesi la situazione politica, economica e sociale resta precaria quando non in peggioramento. Sono ancora molte le persone che provano a spostarsi verso l’Europa, nonostante i rischi e i costi del viaggio.
Afghanistan
Secondo l’UNHCR, l’Afghanistan rimane una delle crisi più urgenti al mondo, con violazioni dei diritti umani, instabilità economica, insicurezza alimentare acuta e disastri naturali che minacciano la stabilità regionale nel 2024. Il BTI Transformation Index 2024 evidenzia un aumento della povertà e dell’isolamento politico in Afghanistan, con il governo che non ha mai ottenuto pieno supporto pubblico, sollevando dubbi sulla sua legittimità interna. Il Migration Policy Institute riporta che, a metà del 2024, il 16% dei rifugiati a livello mondiale proviene dall’Afghanistan, con quasi 6,1 milioni di rifugiati afghani, la maggior parte dei quali vive in Iran e Pakistan.
Siria
La guerra civile siriana, iniziata nel 2011, ha causato una crisi umanitaria di vasta portata. Nonostante la diminuzione delle ostilità e l’insediamento di una nuova leadership, la situazione resta incerta, il Paese continua a affrontare instabilità politica, economica e sociale. Le infrastrutture sono gravemente danneggiate, l’economia è in crisi e milioni di persone sono sfollate internamente o rifugiate all’estero. Questa situazione spinge ancora i siriani a cercare sicurezza e stabilità altrove.
Iran
L’Iran sta affrontando una serie di problematiche economiche, politiche e geopolitiche. Le sanzioni internazionali, la cattiva gestione economica e la corruzione hanno portato a un’elevata inflazione, disoccupazione e povertà crescente. Inoltre, le restrizioni sui diritti civili e politici hanno causato disordini interni. Queste condizioni hanno indotto un numero crescente di iraniani a emigrare attraverso la rotta balcanica.
Pakistan
Il Pakistan affronta problemi legati all’instabilità politica, al terrorismo e a una situazione economica precaria. La disoccupazione, la povertà e la mancanza di opportunità spingono molti pakistani a cercare migliori condizioni di vita altrove. Inoltre, le tensioni religiose e le violazioni dei diritti umani contribuiscono all’esodo di persone in cerca di sicurezza.
Bangladesh
Nonostante una crescita economica negli ultimi anni, il Bangladesh continua ad incontrare gravi difficoltà, tra cui sovrappopolazione, disastri naturali frequenti e condizioni di lavoro precarie. Questi fattori, uniti a tensioni politiche interne, spingono le persone a emigrare in cerca di migliori opportunità.