Fuori dal Silos, e poi? Imperativo affrontare il fenomeno migratorio con umanità e lungimiranza
Trieste – L’arrivo di migranti non è una novità, come docente me ne ero accorto tanto tempo fa, entrando nelle classi, dove trovavo i nuovi arrivati, pochi all’inizio, poi sempre di più. L’inserimento era facile, per i nostri ragazzi era tutto normale, poi i numeri si sono fatti alti e si è sviluppato un sistematico rifiuto, che nulla voleva sapere sulle cause di quella presenza così numerosa.
Alla rotta del Mediterraneo si è aggiunta per noi italiani quella balcanica, che ha come punto di arrivo e smistamento Trieste, dove avrebbe dovuto formarsi un sistema di possibile accoglienza, studiata con senso di giustizia e di umanità, cosa accaduta per merito soprattutto delle tante persone e comunità che non ritenevano giusto voltarsi dall’altra parte e far finta di nulla.
Le istituzioni pubbliche sono apparse invece impreparate e spesso immobili, salvo l’obbligo per legge di accogliere i minori non accompagnati.
Nessuno pensa sia facile affrontare tale mutamento epocale, per cui si comprende l’imbarazzo e il timore sia delle istituzioni sia di altri cittadini. Eppure si poteva evitare che per quasi due anni, molti migranti andassero a vivere, si fa per dire, dentro un edifico fatiscente, misero, sporco , infestato da topi e insetti, rinunciando ad una messa in opera di un edificio adiacente, già supermercato, che con lavori manutentivi non impossibili, avrebbe allievato la pena di tali migranti.
Dopo un lungo tergiversare, ora il Sindaco di Trieste ordina lo svuotamento del Silos, che per la diffusa comunicazione dei vari media, è stato un pessimo biglietto da visita per la città. Scelta che andava fatta tempo fa, puntando a riordinare appunto altri edifici, come le caserme abbandonate.
Si pensa ora di mettere a posto un ostello sul Carso, usato da gruppi scout, in fretta e furia e poi di incrementare i trasferimenti, ma senza un piano avveduto per chi arriverà ancora e per dare risposte serie e umanitarie, appoggiando davvero l’intensa opera di accoglimento fatta finora dal volontariato.
Purtroppo la città presenta ampie aree di indifferenza, se non di ostilità, per cui si vedono solo le criticità, e non si apprezza l’impegno di chi cerca di rendere meno tragica la condizione di tali soggetti, che vengono da inimmaginabili sofferenze, che hanno camminato per anni in mezzo a pericoli, e che spesso hanno sul loro corpo segni di violenza subìta o di patologie non curate.
Chi se ne è occupato con il sistema dell’accoglienza diffusa o caritativa, può invece testimoniare il cambio di mentalità avvenuto nella sua vita grazie a tali contatti, l’intreccio di relazioni positive, la soluzione di problemi di salute, la scoperta di percorsi di istruzione a loro dedicati, insomma la gioia di vivere insieme e di risolvere disagi e sofferenze con una nuova vita di studio e di lavoro.
Restano alcune criticità, ma non si risolvono chiudendosi in una torre d’avorio, sempre meno popolata, e neppure chiudendo la mente e lo sguardo sulla conoscenza dei drammi che sono la causa dei loro viaggi talora disperati.
Tanto più che imprenditori, economisti, studiosi attenti ai tempi e tanti cittadini di buon senso, sanno che ne avremo sempre più bisogno, convinti che né l’indifferenza né la paura né l’ostilità sono carte vincenti in questa partita.
Silvano Magnelli