Fine vita, le azioni legali della signora “Anna” di Trieste per l’accesso al suicidio assistito

Trieste – Una denuncia per rifiuto/omissione d’atti d’ufficio e un ricorso d’urgenza dinanzi al giudice civile. Sono queste le azioni legali che “Anna” (nome di fantasia), una donna triestina di 55 anni, affetta da sclerosi multipla, ha deciso di intraprendere contro il rifiuto della Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) di procedere alle verifiche previste dalla “sentenza Cappato” della Corte costituzionale.

“Anna”, infatti, ha chiesto di accedere alla verifica delle sue condizioni per la morte assistita ai sensi della sentenza 242/2019 della Consulta già il 4 novembre 2022, ma l’ASUGI ha negato le verifiche delle sue condizioni, verifiche che avrebbe dovuto compiere senza ritardo.

La denuncia contro la ASUGI è stata depositata. Il reato ipotizzato è il rifiuto/omissione di atti d’ufficio perché da oltre sei mesi l’azienda sanitaria rifiuta l’attivazione di tutte le procedure per accedere al “suicidio assistito” così come previsto dalla sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale.

Nella mattinata di mercoledì 7 giugno si è tenuta la prima udienza dinanzi al Tribunale di Trieste: con un ricorso di urgenza “Anna” aveva infatti chiesto al Giudice di ordinare alla ASUGI di applicare la “sentenza Cappato”, e quindi procedere alla verifica delle sue condizioni e delle modalità che rendono lecito l’aiuto al suicidio.

Il collegio legale di studio e difesa di “Anna” è composto dagli avvocati Filomena Gallo, Francesca Re, Angioletto Calandrini e Alessia Cicatelli.

La ASUGI in udienza, tramite i suoi legali, in piena violazione del giudicato costituzionale, ha ribadito che non procederà poiché mancherebbe una normativa nazionale, e ha continuato a scaricare la responsabilità sul Comitato etico regionale, nonostante tale Comitato avesse in realtà svolto correttamente il proprio compito.

Il Comitato etico regionale ha infatti espresso un parere nel quale evidenzia che nessuna attività di verifica delle condizioni da parte di ASUGI è stata effettuata, e che tale adempimento ricade sull’azienda sanitaria competente; solo successivamente potrà essere emanato il parere del comitato etico.

Il Comitato ha inoltre manifestato la propria disponibilità a “rendersi disponibile a fornire le proprie competenze” una volta effettuate le verifiche di competenza dell’ASUGI. Durante il dibattimento, i legali dell’ASUGI sono arrivati persino ad affermare che “l’avanguardia del XX secolo è stata l’abolizione della pena di morte” e che la lettura che il collegio legale di “Anna” fornisce della sentenza 242/2019 della Consulta e l’assenza di una legge in materia determinerebbe, con l’eventuale accoglimento del ricorso, l’introduzione di una “Determinazione di morte, e cioè una disposizione della vita umana senza una legge”.

Le parole di Anna

“La mattina mi sveglio e attendo che inizino le operazioni di assistenza e cura della mia persona. La giornata trascorre mentre io sono ferma immobile e la mia famiglia con le mie assistenti si prendono cura del mio corpo. Ho una malattia che mi ha privato della mia autonomia, dipendo per tutto da chi mi ama e dalle mie assistenti.

Ogni giorno dal 4 novembre 2022, attendo che qualcuno mi avvisi che verrà a verificare le mie condizioni e come potrò accedere all’aiuto al suicidio quando lo vorrò. L’unica cosa che posso ancora difendere da un corpo che non mi risponde è la mia libertà di scelta, la mia mente, i miei pensieri,  in un corpo che ogni giorno che passa mi priva di qualcosa. Mi è rimasta un filo di voce non so fino a quando, sto perdendo anche la possibilità di parlare, riesco ancora a poter muovere un pò una mano e anche in questo caso, non so fino a quando. La sofferenza che provo non ha confine, ho tanto amore attorno che mi mantiene in vita ma desidero poter essere libera di scegliere quando morire visto il peggioramento della mia malattia.

Chiedo ai dirigenti della mia azienda sanitaria di chiudere gli occhi e di immaginare cosa significa essere malati come me. Immaginare ogni singolo minuto ferma, immobile, in un tempo che non passa, trascorre lento. Sono trascorsi 6 mesi dalla richiesta di verifica delle mie condizioni e delle modalità per poter decidere di dire basta… diffide, solleciti e una unica comunicazione che mi informa che in questa regione non possono, attendono una legge.

A Trieste la sentenza della Corte Costituzionale sul “caso Cappato” non ha valore mentre nel resto d’Italia sì? Vi chiedo da italiana rispetto della mia persona e della Costituzione, che vale per tutti gli italiani. Sto pensando di andare in Svizzera per poter accedere all’aiuto al suicidio legalmente, ma per me significa privarmi anche dei miei cari, della possibilità di guardare una ultima volta tutto ciò che ora mi accoglie e tranquillizza.

Vorrei poter dire basta a casa mia. Chiedo al Presidente della Regione di intervenire, per il rispetto del mio diritto di scelta, che è l’unica libertà che noi tutti abbiamo quando la vita ci colpisce con una malattia che è una strada senza ritorno. Ringrazio tutti coloro che mi stanno aiutando.”

Le dichiarazioni dell’avvocato Filomena Gallo

Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e difensore che coordina il collegio legale di “Anna” ha dichiarato: “Le parole di “Anna” rappresentano la difesa della propria libertà, la sofferenza, il dolore dell’attesa in una condizione che ogni giorno peggiora. E’ trascorsa una settimana da un’altra vicenda simile in Umbria. Anche per Anna, abbiamo sollecitato ripetutamente negli ultimi mesi l’azienda sanitaria competente ad effettuare le verifiche previste dalla sentenza 242/2019.

Oggi in udienza l’azienda Sanitaria ha ribadito che non interverrà, disconoscendo illegittimamente gli effetti e la portata della sentenza della Consulta, è quindi chiara la posizione di ostruzionismo politico-ideologico da parte del Sistema Sanitario in Regione Friuli Venezia Giulia, in palese contrasto con la Costituzione.

L’ASUGI sta quindi volontariamente calpestando la libertà di autodeterminarsi di “Anna”, nonostante questa sia costituzionalmente tutelata. A seguito dell’esposto oggi depositato per le responsabilità penali dell’Azienda Sanitaria, sarà la Procura della Repubblica di Trieste a svolgere le dovute indagini”.

Continua Filomena Gallo: “In Friuli Venezia Giulia, è in corso la raccolta firme per una proposta di legge popolare regionale che eviti queste attese, fornendo tempi certi per la risposta del Servizio sanitario regionale, vi chiedo di consultare il sito infvg.liberisubito.it  per conoscere dove firmare. Oggi siamo tutti Anna e il rispetto delle nostre libertà, previsto dalla Costituzione, dobbiamo difenderlo”.

Chi è “Anna”

“Anna”, nome di fantasia scelto dalla persona malata per la tutela della sua privacy, è una donna di 55 anni, che nel 2010 riceve la diagnosi di sclerosi multipla secondariamente progressiva, patologia irreversibile senza possibilità di cura e senza alcuna terapia possibile.

“Anna” si esprime con una voce estremamente flebile e ipofonica, ma è una donna vigile e perfettamente lucida. È completamente dipendente dall’assistenza: mangia, si lava, si muove, va in bagno solo se fisicamente assistita da terzi. Quel filo di voce che ha, ancora per poco, le consente di comunicare la sua ultima volontà: accedere al suicidio medicalmente assistito.

Le condizioni per fare ricorso al suicidio assistito

Le condizioni previste dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale per accedere all’aiuto al suicidio medicalmente assistito – che ha valore di legge e attualmente regolamenta il tema nel nostro paese – sono le seguenti: 1) la persona deve essere affetta da una patologia irreversibile; 2) la patologia causa sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili; 3) la persona deve avere la piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli; 4) deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Queste condizioni, insieme alle modalità per procedere all’aiuto al suicidio medicalmente assistito, devono essere verificate dal SSN previo parere del comitato etico competente, come accaduto nel caso di Federico Carboni, la prima persona in Italia ad accedere al “suicidio assistito” senza che l’aiuto fornito configurasse reato, anche se solo dopo oltre 20 mesi dalla richiesta.

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