“Disegni, Infiniti ed Eterni”: inaugura oggi l’esposizione collettiva dell’atelier in Androna Santa Tecla
Trieste – Si apre una due giorni in cui l’arte si svela nell’atto creativo del Disegnare, atto creativo primordiale. Oggi sabato 26 giugno dalle 18.00 alle 21.00 e domani domenica 27 giugno dalle 16.00 alle 19.00, presso l’atelier dell’artista Banafsheh Rahmani, in Androna Santa Tecla 22/A, è aperta al pubblico la collettiva “Disegni, Infiniti ed Eterni” che accoglie le evoluzioni e le sperimentazioni artistiche di sette artisti, che per due anni chi più chi meno, si sono messi in gioco. Sono ospitate le opere di Iva Androic, Lucia Budini, Davide Castronovo, David Dalla Venezia, Federico Fumolo, Raimondo Pasin, Banafsheh Rahmani, Paola Ramella, Neda Shafiee.
Non solo un esercizio di stile, il loro, ma un progressivo scambio di vedute, di linguaggi, di indagini, di confronti, di scontri, di destrutturazioni, di prospettive indagate e sperimentate in gruppo con l’intento di rafforzare, ognuno con la propria cifra stilistica, la propria specificità artistica.
“Fogli di carta di sfumature diverse, e matite, carboncini, inchiostri…questi gli strumenti, pochi ed essenziali, sufficienti per tracciare non tanto una linea che mi circonda da qui a là, da ora a poi, ma l’emergere al di qua di tale linea – che immagino, vedo e prevedo nel suo insieme come unità – di quei picchi che segnano questo apparente scorrere del tempo.
Quel che rimane è un numero indefinito di disegni che rendono unitario ciò che non appare tale, ovvero il tempo passato a realizzarli, non tanto per la linearità temporale ed esistenziale del realizzarli, ma proprio per l’apparire in quel tempo dell’infinito e dell’eterno di cui i disegni sono testimonianza. Qui e ora.” Come rammenta la locandina.
Picasso ricorda: “L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni”, e l’atto creativo ne sugella l’espressività e offre a quella routine il tempo all’ascolto del proprio sentire, che si esprime nelle forme artistiche che sono proprie ad ognuno.
Nel “qui e ora” abbiamo chiesto a Banafsheh Rahmani, di farci entrare nel suo “spazio” e quando un’artista lo fa è sempre un omaggio per chi ascolta.
Hai messo a disposizione il tuo atelier per la realizzazione di questa collettiva, spazio in cui vi siete ritrovati costantemente una volta alla settimana a disegnare. Ci racconti?
Tutto ciò che è vissuto in uno Studio artistico entra nella trama del vissuto dell’artista e delle sue opere.
Per me lo Studio di un’artista è il luogo delle sperimentazioni, delle contaminazioni, delle produzioni, dei fallimenti. Luogo conflittuale e di pace. Luogo dove le contraddizioni prendono forma e corpo, dove si combatte il proprio sentire e si realizzano le proprie opere, dove si genera e si partorisce. Lo spazio di produzione è il cuore dell’atto artistico, è il cuore del mio atto artistico. Questo l’ho capito vivendo in altre città europee, facendo esperienza di movimenti artistici, solo così si mette in moto il motto dell’anima. Lo Studio per me è importante perchè è il luogo sia che raccoglie e racchiude, sia che sprigiona e libera.
Disegnare, dipingere e confrontarsi creativamente ha alimentato il vostro percorso, ti ritrovi?
Il confronto è essenziale. Lo Studio è il mio spazio espositivo, ma è anche lo spazio per generare “movimento”.
Una potenzialità mia ma anche degli artisti con cui mi confronto. Il gruppo con cui mi ritrovo, più o meno da due anni, è consolidato e stabilizzato. Certo ognuno è libero di restare o di andare, questo è scontato dirlo.
Quando ho avvertito l’urgenza di confrontarmi artisticamente, ho coinvolto altri artisti e si è generato un appuntamento settimanale in cui il “Disegnare” con modelli dal vivo è divenuto un volano virtuoso, per me e spero anche per gli altri. Disegnare insieme sollecita, fa girare l’energia, ci si confronta ogni volta, si discute e ci si esprime, ognuno con la propria inclinazione.
Disegnare è la prima forma espressiva per tutti i lavori artistici, si usano materiali basici, carta penna, matite e colori ecc. Ogni volta che disegno dal vivo colgo un risvolto, la posa del piede o la sfumatura dei capelli, che non avevo colto. Un cambio continuo di prospettiva. La visione esce dall’oscurità e offe una nuova esperienza.
Mi piace chiudere ancora una volta citando Picasso: “L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno” e dall’osservazione di un corpo, come in questo caso.