Delitti del tallio: assolto Mattia Del Zotto per incapacità. Per lui l’ospedale psichiatrico
Monza – È stato assolto Mattia Del Zotto, il 28 enne di Nova Milanese che a fine estate 2017 ha ucciso per avvelenamento da tallio i nonni paterni e una zia. La sentenza è stata emessa lunedì 19 novembre a Monza.
Del Zotto era accusato di omicidio volontario plurimo aggravato dalla premeditazione e lesioni plurime, per aver contaminato con solfato di tallio l’acqua minerale in bottiglia bevuta dai suoi familiari.
Il Gip del Tribunale di Monza Patrizia Gallucci lo ha ritenuto totalmente incapace di intendere e volere al momento dei fatti. Il Giudice ha infatti ritenuto veritiera la valutazione del Ctu e del perito di parte della difesa, che aveva stabilito la completa incapacità mentale del giovane.
Del Zotto quindi non andrà in carcere ma dovrà restare ricoverato in una struttura psichiatrica per dieci anni.
È stata così rigettata la richiesta di condanna all’ergastolo presentata dal Pm Carlo Cinque, il cui perito ha invece giudicato il 28 enne solo parzialmente incapace di intendere e volere, perché perfettamente in grado di pianificare gli omicidi e andare a comperare il tallio a Padova, dopo aver effettuato l’ordine sul web.
Oltre alle vittime: Giovanni Battista Del Zotto, 94 anni, Patrizia Del Zotto, 62 anni e Maria Gioia Pittana, 88 anni, altre cinque persone erano state ricoverate a lungo in ospedale per avvelenamento da tallio. Si tratta di Laura Del Zotto e di Enrico Ronchi, rispettivamente sorella minore e vedovo di Patrizia Del Zotto, e della badante di famiglia Serafina Pogliani; anche i nonni materni, Alessio Palma e Maria Lina Pedon, di 83 e 81 anni, erano stati ricoverati in ospedale per lo stesso motivo.
Nel corso delle indagini i carabinieri del monzese, in collaborazione con i colleghi di Latisana (Ud), avevano perquisito e controllato la casa di famiglia dei Del Zotto a Varmo (Ud), nella Bassa Friulana.
Le persone intossicate avevano trascorso a Varmo una vacanza di un mese, in agosto, con il padre e la madre.
Inizialmente gli inquirenti avevano cercato la sostanza venefica nel pozzo artesiano dell’abitazione, oltre che negli alimenti consumati in Friuli. Le ricerche avevano dato esito negativo. Il giovane Mattia Del Zotto aveva poi confessato di essere stato lui ad avvelenare i parenti.
Del Zotto in quella circostanza aveva affermato di aver agito «per punire gli impuri». Il suo legale aveva riferito che la sua azione avrebbe alla base «una sua interpretazione dell’ebraismo e una particolare visione del mondo, della realtà e delle cose che ci circondano».