Criminalità nel porto di Trieste: tre arresti per un’evasione fiscale di oltre 190 milioni di euro
Trieste – Nell’ambito dell’inchiesta sulla Depositi Costieri Trieste S.p.a., le Fiamme Gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Trieste hanno eseguito le misure di custodia cautelare emesse dal giudice presso il Tribunale di Trieste nei confronti di tre persone di origine napoletana per i reati di: autoriciclaggio, fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta.
Si tratta di Pasquale Formicola, Renato Smimmo e Giuseppe Della Rocca, amministratori “di fatto” della Petrolifera Italiana S.r.l. e della Life S.r.l.. Della Rocca anche in qualità di legale rappresentante delle due imprese.
I dettagli dell’intervento sono stati comunicati nel corso della conferenza stampa tenutasi il 18 maggio presso il Comando Provinciale di Trieste, presieduta dal Procuratore distrettuale antimafia presso il Tribunale di Trieste.
Il G.I.P. ha emesso anche un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca “per equivalente”, di somme esistenti o che saranno accreditate sui rapporti finanziari, di beni mobili, beni mobili registrati e di beni immobili appartenenti ai tre destinatari delle ordinanze, di altri due indagati a piede libero nonché di quattro società coinvolte nelle indagini, fino ad un totale di 34.809.877,00 euro
Ulteriori attività di indagine sono in corso a Trieste ed in diverse località della Campania, con l’impiego di oltre 100 militari della Guardia di Finanza.
L’indagine, coordinata dalla locale Procura, prende le prime mosse dagli accertamenti di polizia giudiziaria sulla cessione della Depositi Costieri Trieste Spa, uno dei principali depositi fiscali per lo stoccaggio di prodotti petroliferi esistenti nel territorio nazionale.
L’inizio dell’inchiesta risale a giugno/luglio 2016, quando è stato contestato l’omesso pagamento di accise sulle estrazioni di carburante effettuate da una società maltese e dalla omologa italiana (con sede a Roma) per importi di oltre 20 milioni di euro, e da altre società.
A seguito della rilevante esposizione debitoria con l’Erario, le quote societarie della Depositi Costieri Trieste S.p.a., di proprietà della Giuliana bunkeraggi S.p.a., erano state cedute, a metà del 2017, alla Life S.r.l. per un corrispettivo di 4,5 milioni di euro, di cui 1 milione versato, accettando l’offerta di Pasquale Formicola, Renato Smimmo e Giuseppe Della Rocca, tutti con precedenti di polizia per associazione a delinquere.
La cessione di quote societarie alla Life S.r.l. si è rivelata immediatamente anomala, per l’irrilevante profilo finanziario e patrimoniale della società e per il corrispettivo pattuito, pari a quattro milioni e mezzo di euro, apparso ingiustificato in considerazione della grave situazione patrimoniale in cui versava al momento della compravendita azionaria la Depositi Costieri Trieste S.p.a., gravata da un’enorme posizione debitoria verso l’Erario, pari ad oltre 30 milioni di euro.
Dall’esame dei dati di bilancio disponibili è emersa l’ipotesi che la liquidità necessaria per l’operazione sia stata creata attraverso l’immissione nella Life S.r.l. di proventi illeciti derivanti da reati fiscali commessi dalla controllata Petrolifera Italiana S.r.l..
L’esame di oltre 300 rapporti bancari e postali e l’esecuzione di oltre 30 perquisizioni, nel corso delle quali è stata sequestrata una grande mole di documentazione amministrativo – contabile ed extra contabile e di numerosi personal computer e telefoni cellulari, ha permesso di accertare che la Petrolifera Italiana S.r.l. era coinvolta, assieme alla Life S.r.l. e ad altre imprese, nelle attività illecite di Formicola, Smimmo e Della Rocca.
Questi hanno architettato una complessa frode all’IVA nel settore petrolifero, attraverso la tecnica del “carosello”, dove imprese fittizie, prive di strutture aziendali e personale dipendente, emettono fatture a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti.
Pari a circa 160 milioni di euro l’ingente debito verso l’Erario, poi mai assolto, che ha determinato un’evasione dell’IVA pari a circa 35 milioni di euro.
Secondo lo schema delle frodi “carosello”, le imprese fittizie, dette anche “cartiere”, formalmente intestate a soggetti “prestanome” nullatenenti, sono risultate tutte gestite di fatto dagli ideatori della frode i quali, tramite complessi artifici, hanno tentato di ostacolare la ricostruzione dell’effettività delle operazioni: sfruttando indebiti titoli per la non imponibilità I.V.A., hanno ascritto in capo alle imprese “cartiere” il rilevante debito erariale; tali imprese sarebbero poi state destinate a cessare nel più breve tempo possibile.
Una parte dei proventi illeciti conseguiti attraverso le frodi fiscali è stata poi utilizzata dai truffatori, nel giugno del 2017, per l’acquisizione del deposito costiero triestino, attraverso l’impiego di oltre 1.800.000,00 euro.
Questi sono incorsi nel reato di “autoriciclaggio” che, dal 2015, riguarda le attività illegali di chi impiega, sostituisce o trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro o altre utilità frutto di delitti.
In questo caso particolare, l’acquisto del deposito triestino sarebbe servito a continuare la frode a danno di onesti imprenditori e cittadini che pagano regolarmente le tasse.