Come in cielo… e invece siamo al Teatro Stabile Sloveno
Il Teatro Stabile Sloveno di Trieste ha inaugurato la stagione 2023-24 con uno spettacolo scoppiettante, carico di emozioni, in linea con il successo di abbonamenti significativamente incrementati quest’anno del 20%. È un titolo di quelli che ad un primo impatto lasciano perplessi. “Come in cielo” infatti nasce come pellicola. Un film svedese, onirico e realistico allo stesso tempo, firmato da Kay Pollok che narra di un direttore d’orchestra di grande fama, costretto a rinunciare alla propria carriera a causa di un infarto. Decide di ritornare al suo villaggio di nascita, dove tutto era iniziato, quasi a cercare una redenzione o forse soltanto per tirare la somma della propria ormai svuotata esistenza.
Quando una sceneggiatura nata per il cinema viene rimaneggiata per il palcoscenico, i rischi sono davvero tanti. Ed è stato un bene che la direzione artistica del TSS abbia rischiato! Il progetto del regista Samo M. Strelec ha funzionato davvero e il plauso del pubblico che ha gremito il teatro alla prima di sabato 21 ottobre ne ha decretato la riuscita.
La vicenda personale del direttore musicale Daniel Dareus, interpretato dal bravo Jure Ivanušič, diventa qui l’occasione per mettere al centro della scena il vero protagonista: il coro. Il direttore d’orchestra infatti, affascinato dall’opportunità di trasmettere il suo amore per la musica ad un gruppo improbabile di persone che formano il coro parrocchiale, inizia un percorso maieutico, attraverso il quale ciascuno dei personaggi coinvolti ritrova un po’ di se stesso. A ciascuno e a ciascuna manca una parte di sé, un pezzo della verità di sé dimenticato fra le odiose relazioni che intercorrono nel paese.
Il coro è il luogo dove poter aprire i propri cuori, spogliarsi dell’ipocrisia che regna nella piccola comunità e scoprire la propria voce, come dice Dareus.
Già. Ciascuno ha una propria voce e deve scoprirla, tirarla fuori, spiega il maestro, affinché le tante voci diventino una sola emozione, un solo sentimento. Il pastore del luogo, un ottimo Romeo Grebenšek, viene così defraudato del potere di conservare nelle sue mani i fragili equilibri del villaggio e si oppone fino alla fine al progetto del maestro. Nemmeno sua moglie, la sempre convincente Nikla Petruška Panizon, riesce a fargli cambiare idea. Il coro però vince sulle fragilità dei singoli, sulle debolezze mal tollerate dai più, includendo i diversi, restaurando la solidarietà e il rispetto fra i parrocchiani e infondendo loro il coraggio di osare.
Così, il piccolo sconosciuto coro di un villaggio svedese partecipa ad un concorso internazionale a Salisburgo. Il processo di emancipazione che i coristi e le coriste percorrono, li porta da una miope e bigotta appartenenza ad una trama falsata della vita, verso una piena realizzazione delle proprie personalità e risuona fra le note che attori e attrici armonizzano brillantemente. È il suono del violoncello di Andrejka Možina, discreto, ma fortemente presente, che consolida il ritmo dello spettacolo e ne scandisce i momenti in un’unitarietà ben equilibrata.
Brave e bravi davvero Tina Gunzek, Mirel Knez, Franko Korošec, Dejan Pevčević, Vesna Maria Maher, Primož Forte, Daniel Malalan, Gregor Geč, Elena Husu. Lo spettacolo è stato coprodotto dallo Stabile Sloveno con Teatro della città di Ptuj e Glasbena matica, con il contributo della Fondazione CRTrieste.
Le repliche sia a Trieste che a Gorizia continuano fino al 10 novembre, sempre con i sopratitoli in lingua italiana.