Cibo di strada che passione: dall’antico Egitto a New York passando per Pordenone
Pordenone – Il Mercato europeo, promosso dalla FIVA (Federazione italiana venditori ambulanti), dal 2001 porta nelle strade e nelle piazze dei centri storici cittadini centinaia di espositori in un week-end alternativo a base di specialità internazionali.
Dopo Trieste ora il Mercato Europeo è anche a Pordenone, dal 5 al 7 maggio.
Dalle 9 fino a tarda sera sono aperti i chioschi di circa 150 operatori provenienti da numerosissimi paesi europei e non solo, oltre che da svariate regioni italiane, con tre new entry: Israele, Argentina e Brasile.
Con il claim “Pordenone chiama Europa” per tre giorni il festival di cibo di strada e non solo “occuperà” piacevolmente le aree di via Mazzini, piazzetta Cavour, piazza XX Settembre, via Cesare Battisti, viale Martelli
Il cibo di strada è una delle forme più antiche di ristorazione. Si mangia street food per fare un pasto veloce, da consumare camminando, o in un banchetto improvvisato, oppure su una panchina di un parco.
Comunque meno costoso della trattoria, che di solito prevede un sovrapprezzo per il coperto già solo per il fatto di sedersi al tavolo.
Lo street food accompagna sempre più spesso concerti all’aperto, manifestazioni e festival, ma risulta anche un’ancora di salvezza per i workaholic.
Celebri le inquadrature del film “Il diavolo veste Prada” in cui la protagonista gira per le strade di New York mangiando un hot dog alla cipolla accompagnato da un bicchierone di caffè.
New York a parte, il cibo di strada ha origini antichissime, esisteva già all’epoca dei Greci e dei Romani.
Scrittori dell’età imperiale lamentavano che ancora a tarda notte per le strade di Roma si sentivano le grida dei venditori ambulanti che decantavano il gusto dei loro snack.
Tra le specialità c’erano il pesce fritto, che ancora oggi è tipico di Roma, ma anche zuppe di ceci e focacce di cereali.
Anche nell’Antico Egitto per strada si poteva mangiare riso con carne di agnello in strada, e così in tutto il Medio Oriente, dove il kebab la fa da padrone.
I poveri delle epoche passate consumavano esclusivamente cibo di strada, poiché non avevano cucine e accendere un fuoco a casa voleva dire altissimo rischio d’incendio.
Oggi, secondo i dati della FAO del 2007 circa 2,5 milardi di persone mangiano cibo di strada quotidianamente.
Relegato per vari decenni alla categoria di “cibo spazzatura” lo street food vede una nuova giovinezza, complici la crisi economica, i ritmi di lavoro sempre più frenetici e, ultimo ma non meno importante, il cambiamento climatico che permette di stare più ore all’aperto.
Fino a qualche tempo fa si era portati a pensare che il cibo di strada fosse di regola un alimento poco salutare, calorico e dallo scarso valore nutritivo e culturale.
Attualmente, anche grazie al sostegno di associazioni come Slow Food e Streetfood, sempre più spesso il cibo di strada è un modo per rivalorizzare cibi o alimenti che erano finiti nel dimenticatoio e che sono stati recuperati, come il lampredotto toscano o i gofri piemontesi.