Caso Regeni, emergono testimonianze decisive sulle responsabilità dei servizi segreti egiziani
Roma – I servizi segreti egiziani egiziani sapevano della morte di Giulio Regeni già il 2 febbraio del 2016, il giorno prima del ritrovamento “ufficiale” del corpo, e per deviare l’attenzione da loro “inscenarono una rapina finita male”: è quanto emerge da una testimonianza, ritenuta attendibile dai magistrati italiani e depositata in vista dell’udienza gup di Roma.
Inoltre, tre nuove testimonianze accusano i quattro appartenenti ai servizi segreti egiziani di essere gli autori del sequestro, delle torture dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato privo di vita in Egitto nel febbraio del 2016.
È quanto emerge dai nuovi atti depositati dalla Procura di Roma in vista dell’udienza preliminare, fissata per il 29 aprile, a carico del generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif; ma si deve vagliare la richiesta di processo.
Secondo i testi, il torturatore di Giulio fu il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Fu lui, insieme a soggetti rimasti ignoti, a portare avanti per almeno nove giorni le sevizie avvenute in una villetta in uso ai servizi segreti nella periferia della capitale egiziana. Nei confronti degli agenti egiziani, il procuratore Michele Prestipino e il sostituto Sergio Colaiocco, contestano reati che vanno, a seconda delle posizioni, dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato al concorso in lesioni personali aggravate.
Il Presidente della Camera Roberto Fico così commenta il nuovo sviluppo dell’inchiesta: “Le nuove testimonianze raccolte dalla Procura di Roma sul caso di Giulio Regeni rappresentano un segnale importantissimo. Sono un contributo essenziale per rimuovere la cappa di ombre, depistaggi e falsià che impedisce di fare piena luce su quanto accaduto al nostro ricercatore. Il trascorrere del tempo, anzichè portare all’oblio, restituisce pezzi di verità e testimonianze di chi ha visto o sentito qualcosa”.
“Gli ulteriori elementi probatori – scrive ancora Fico – acquisiti nei confronti dei quattro appartenenti agli apparati di sicurezza egiziani infondono fiducia sul fatto che si possa andare fino in fondo permettendo di chiarire non solo la dinamica del sequestro ma anche di individuare le responsabilità dirette o indirette per le torture inflitte a Giulio, per la decisione di ucciderlo e per il trasporto del suo corpo ai bordi dell’autostrada fra Il Cairo e Alessandria”.
“La morsa dunque si stringe, i depistaggi emergono ogni giorno di più per ciò che sono stati, e le bugie dello Stato egiziano suonano sempre più offensive, inaccettabili e imbarazzanti. Ancora grazie ai magistrati romani – conclude Fico – per il lavoro costante e meticoloso portato avanti. L’Egitto sappia che lo Stato italiano farà luce fino in fondo”.