Camorra a Trieste, arrestate sette persone per estorsione. La Polizia: in città insediamenti di tipo mafioso
Trieste – La Dia – Direzione Investigativa Antimafia di Trieste, con l’ausilio della Dia di Napoli, di Milano, di Padova e di Bologna, nonché della Guardia di Finanza del capoluogo giuliano, ha eseguito lo scorso 18 dicembre 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere, disposte dal Gip del Tribunale di Trieste, nei confronti di soggetti accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso per avere costretto professionisti e imprenditori italiani e stranieri, attraverso minacce e intimidazioni, a rinunciare a ingenti crediti, al fine di favorire gli interessi del clan camorristico dei Casalesi.
L’ordinanza di custodia cautelare riguarda l’imprenditore di Portogruaro Fabio Gaiatto, già noto alle Forze dell’ordine per reati finanziari, che si è rivelato essere l’uomo chiave del sistema estorsivo.
Questi i nomi degli altri sei arrestati: Francesco Salvatore Paolo Iozzino, imprenditore 56enne di Legnano e residente a Resana in provincia di Treviso; Gennaro Celentano detto “Jenny”, 34enne di Napoli; Mario Curtiello detto “Mariano”, 36 anni, di Napoli; Valter Borriello, 42 anni di Torre del Greco; Luciano Cardone, 37 anni, di Torre del Greco; domiciliato a Soliera, in provincia di Modena; Domenico Esposito, 45enne di Napoli e residente a Sant’Antimo. Tutti sono di origine campana e hanno ammesso di far parte del clan di Casal di Principe.
L’operazione (denominata “Piano B”) fa parte di articolate indagini che vedono indagate complessivamente 13 persone.
Sedici sono state le perquisizioni eseguite nella notte nelle province di Udine, Treviso, Milano, Padova, Napoli e Modena, a cui hanno fatto seguito anche alcuni avvisi di garanzia.
L’attività operativa ha visto l’impiego di oltre 100 unità, nonché l’utilizzo di sofisticati strumenti di ricerca e localizzazione.
Truffa finanziaria ed estorsione
Il colonnello Moroso, della Direzione investigativa antimafia di Trieste, ha spiegato durante la conferenza stampa, svoltasi nella mattinata di martedì 18 dicembre a seguito dell’operazione, che “le attività delle società in Croazia facenti capo a Fabio Gaiatto lo vedevano sempre all’interno del trade finanziario. Gaiatto aveva costruito una rete di imprenditori italiani che volevano investire in Croazia”.
Sarebbero oltre 3000 gli ignari clienti truffati dal Gaiatto, che avrebbe messo in piedi un giro di denaro dell’ordine di oltre 70 milioni di euro.
L’ampia attività di indagine è partita nei primi mesi del 2018, quando era stata fatta una denuncia da parte di un commercialista di Pola, al quale si erano aggiunte le istanze di altri creditori che volevano rientrare in possesso delle somme affidate al Gaiatto. Gli inquirenti croati hanno quindi pignorato i conti correnti delle società di Gaiatto e, contestualmente, glieli hanno bloccati.
Secondo gli inquirenti, Fabio Gaiatto avrebbe investito circa 12 milioni di euro provenienti da ambienti vicini ad ambienti camorristici.
A seguito del blocco dei suoi conti, Gaiatto si sarebbe trovato in grosse difficoltà con il clan dei Casalesi che aveva a lui affidato le somme per effettuare gli investimenti.
Il sistema camorristico ha quindi inviato al Nordest i suoi uomini per far rientrare la situazione con tipici metodi mafiosi, quali minacce ed intimidazioni.
“Non arriva l’amico della camorra che abita al nord – ha commentato il colonnello Moroso – ma arriva la squadra da giù”.
Questi camorristi, è stato detto, si sono comportati come complici del Gaiatto per estorcere, nei confronti di professionisti italiani e croati, non solo denaro, ma anche assicurazioni scritte che nessuno di loro avrebbe vantato crediti nei confronti del Gaiatto.
Due delle persone arrestate erano state posizionate a casa dell’intermediario finanziario “garantendogli una sorta di protezione da altri creditori, esasperati nel frattempo per la perdita del capitale investito”.
“A presidiare la casa di Gaiatto era solito essere Cozzolino”, ha detto il procuratore capo di Trieste Carlo Mastelloni. Un “commando” composto da più persone invece lo accompagnava negli spostamenti.
Le dichiarazioni del procuratore
“Piano piano abbiamo una mappatura di carattere generale che ci può consentire di non parlare neanche più di infiltrazioni ma di insediamenti insidiosi” di criminalità organizzata sul territorio”.
Così il procuratore di Trieste, Carlo Mastelloni, durante la conferenza stampa.
“Nel nostro territorio – ha precisato Mastelloni – non è mai accaduto un fatto che vede sette arrestati con l’aggravante del metodo mafioso. Ciò dà modo di pensare a un’allocazione non temporanea di queste organizzazioni sul nostro territorio. Stiamo cercando con le nostre poche forze di creare focolai di inchieste”.
Il procuratore ha rimarcato “la carenza di numero nella sezione della Dia di Trieste e nel Ros allocato a Padova”. L’auspicio è di un aumento “di queste forze oramai indispensabili, perché le mafie si muovono con un passo molto più veloce della magistratura”.
Le indagini nel frattempo proseguono: “La giustizia ha messo a segno un colpo alla criminalità organizzata targata Casal di Principe. Quello di oggi è il primo passo di un’indagine che andrà avanti anche nei prossimi mesi”.
Le reazioni del mondo politico
“L’odierna operazione contro il clan dei Casalesi che hanno messo in campo estorsioni contro imprese e professionisti a Trieste dimostra quanto sia forte ancora il clan casertano e dall’altra parte quanto sia profonda la penetrazione al nord”.
È quanto affermano Nicola Morra presidente della commissione Antimafia e Stefano Patuanelli presidente del gruppo M5s Senato.
“L’operazione della Dia di Trieste – dichiara l’associazione Libera – è la conferma che le mafie sono presenti, insediate e fanno affari nel Nord Est”.
Allarme anche dell’ex governatrice del Fvg e deputata del Pd Debora Serracchiani: “La penetrazione ormai accertata della camorra nel tessuto economico e sociale di Trieste sta assumendo aspetti inquietanti e non sottovalutabili. La Procura in particolare, la DIA e le forze dell’ordine appaiono organi fondamentali nell’azione di contrasto e vanno sostenute in termini non solo morali, ma dotandole dei mezzi necessari a sostenere una lotta che ha fatto un salto di qualità”.
Per Serracchiani “le dimensioni finanziarie del fenomeno estorsivo, le ramificazioni nazionali e internazionali e il ricorso a metodi coercitivi messi in luce dalle indagini, ci fanno capire che dobbiamo gettarci alle spalle anche solo il ricordo di Trieste come ‘isola felice’, e ciò vale anche per il resto del Friuli Venezia Giulia. Questa è la vera e attuale minaccia da cui difendersi, non certi specchietti per le allodole che – conclude – sembrano esibiti per distogliere l’attenzione da verità scomode”.
Un plauso all’operazione arriva infine anche dal sindaco, Roberto Dipiazza, che ha concluso: “a Trieste per fortuna ci sono le forze dell’ordine efficienti”.