Consegnato il San Giusto d’Oro alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin
Trieste – Promossa dall’Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia e dal Gruppo Giuliano Cronisti, in collaborazione con il Comune di Trieste e il contributo della Fondazione CRTrieste, che mette a disposizione ogni anno la statuetta opera dello scultore Tristano Alberti, la sala del Consiglio comunale ha ospitato venerdì 15 dicembre la cerimonia di consegna del 51° San Giusto d’Oro alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin, che da oltre vent’anni opera a sostegno di minori vittime di guerre e violenze.
In una sala gremita, presenti autorità civili, militari e religiose, è stato il vicepresidente del Consiglio comunale Igor Svab ad aprire l’incontro con un breve indirizzo di saluto, seguito dall’intervento dell’assessore alla Cultura Giorgio Rossi, che ha sottolineato “il coraggio dei giornalisti per la crescita del nostro Paese” e “l’importanza e la complessità della parola verità”. “Penso che questo riconoscimento testimoni il valore di persone che sono andate in cerca della verità e che per la verità hanno dato la loro vita. Da questa tragedia è nato qualcosa di straordinario: da una situazione di morte è nata una risurrezione, una speranza, una volontà che tutto non finisse lì.
La risposta alla tragedie di Mostar e Mogadiscio è diventata, attraverso questa Fondazione, una preziosa iniziativa di solidarietà e speranza. La risposta alla tragedia, alla miseria dell’umanità, avviene solo e soprattutto se ripartiamo con un senso di speranza per il nostro futuro e questo siete riusciti a fare”.
Un messaggio di saluto è stato portato dal segretario generale della Fondazione CRTrieste Paolo Santangelo che ha detto: “Questo premio è un prestigioso riconoscimento per il lavoro della Fondazione Luchetta e per quello dei numerosi volontari che ogni giorno dedicano il proprio tempo e le proprie risorse per aiutare persone che hanno bisogno di cure e attenzioni. Dalla Fondazione i più sentiti complimenti alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo: un grande onore per Trieste avere una realtà che si dedica con impegno e dedizione al bene della comunità”.
Il presidente dell’Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia Carlo Muscatello ha illustrato le motivazioni della consegna di una targa speciale per i sessant’anni di giornalismo e impegno sindacale a Luciano Ceschia, classe 1934, giornalista professionista e dipendente Rai per 14 anni, che è stato anche per tre anni direttore del “Piccolo” e per sei anni direttore dell’”Alto Adige” di Trento e Bolzano, nonché segretario generale della Federazione nazionale stampa italiana nel decennio ’70-‘80. Il premio è stato consegnato a Ceschia da Furio Baldassi delegato del Gruppo Giuliano Cronisti.
Ancora Carlo Muscatello e il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del FVG Cristiano Degano hanno illustrato le motivazioni del San Giusto d’oro alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin, un gruppo di donne e uomini che hanno saputo trasformare due tragedie, quelle di Mostar e di Mogadiscio nel 1994, in una preziosa iniziativa di solidarietà e speranza: da oltre vent’anni lavorano infatti a sostegno dei minori vittime di guerre e violenze.
In oltre 20 anni di attività sono quasi un migliaio i minori ospitati e curati a Trieste, provenienti da quattro continenti e oltre una trentina di Paesi dove è impossibile fornire loro anche la più semplice delle cure, trovando invece sostegno e ospitalità a Trieste. Nelle case di accoglienza della Fondazione convivono pacificamente persone di nazionalità e religioni diverse: un miracoloso microcosmo dove regna il sorriso e una sentita solidarietà in persone provenienti da etnie spesso in conflitto tra loro. La Fondazione ha inoltre promosso iniziative collaterali come il Premio giornalistico internazionale Marco Luchetta e Link – Festival del buon giornalismo, ideate e realizzate a Trieste proprio nel ricordo degli operatori dell’informazione uccisi nel 1994.
Ricevendo il prestigioso riconoscimento dei giornalisti triestini, la presidente della Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin, Daniela Schifani-Corfini Luchetta ha voluto evidenziare con emozione alcune delle tante storie delle giovani vite che sono passate per la casa di via Valussi. Ha ricordato il lavoro e il costante impegno di soci fondatori, benefattori e volontari e come “la tragedia di Mostar ha saputo risvegliare una città”.
“Oggi gestiamo – ha detto Daniela Luchetta – tre centri di accoglienza e siamo presenti nel tessuto sociale della città attraverso la microarea di Montebello e una convenzione con il Comune di Trieste, attraverso la quale aiutiamo famiglie con minori in difficoltà. Voglio però ricordare soprattutto i 700 bambini e i 950 accompagnatori, fra genitori, fratellini, zii e nonni che hanno riempito i nostri centri in questi anni. Bambini che nella quasi totalità sono tornati a casa guariti e che quasi sempre riusciamo a seguire a distanza, inviando farmaci o richiamandoli per i controlli. È bellissimo vederli cresciuti e poter toccare con mano il risultato del nostro aiuto”.
“Purtroppo – ha concluso Daniela Luchetta – sembra che alla Fondazione il lavoro non mancherà mai e per questo è così importante che le persone continuino ad avere fiducia e a sostenerci.
Questo premio è un riconoscimento al nostro lavoro, ma anche alla solidarietà e alla fratellanza, in un momento drammatico in cui si stanno moltiplicando i segnali di chiusura”.
Messaggi di adesione e di saluto alla cerimonia sono pervenuti da parte dei vertici dell’FNSI, con il presidente Giuseppe Giulietti e il segretario generale Raffaele Lorusso.
Significative anche le dediche lasciate, prima della cerimonia, sul libro d’oro del Comune di Trieste.
“In un momento così difficile per la nostra società, in cui si mettono in discussione valori come la solidarietà – ha scritto Daniela Luchetta – la Fondazione ha più che mai bisogno di essere riconosciuta per quello che è sempre stata e sempre sarà: un messaggio di pace e di speranza per tante persone. Grazie per un premio che riconosce tutto questo”. Mentre per Luciano Ceschia “è un onore che lascia un segno profondo”.