Al Magazzino delle Idee la mostra fotografica “Io non scendo. Storie di donne che salgono sugli alberi e guardano lontano” a cura della giornalista Laura Leonelli
Trieste – Inaugura oggi, venerdì 17 alle ore 18.00 18 la mostra fotografica “Io non scendo. Storie di donne che salgono sugli alberi e guardano lontano”, curata dalla giornalista e collezionista Laura Leonelli e tratta dall’omonimo libro. In esposizione oltre 250 foto vintage che ritraggono donne sugli alberi. Sono fotografie anonime, dalla fine dell’Ottocento agli anni ’70 del Novecento, scattate in Europa, negli Stati Uniti, in Egitto. Sono volti sconosciuti che si intrecciano alla voce di donne importanti come Cristina Sint-Truiden, Louisa May Alcott, Sara Orne Jewett, Voltairine de Cleyre, Anne Brigman, Simone de Beauvoir, Astrid Lindgren, Beah E. Richards, Angela Carter, Suni Lee, Bianca Di Beaco, Tiziana Weiss.In esposizione oltre 250 foto vintage che ritraggono donne sugli alberi.
Nella sua autobiografia “Io non sono un’alpinista” la scalatrice triestina Bianca di Beaco racconta di come sua madre, contadina, l’avesse spinta “non tanto verso conquiste materiali, ma verso una conquista di me stessa”. E in cima alle montagne, così come da bambina in cima agli alberi, Bianca aveva scoperto “la dimensione in cui i sogni si realizzano”. La sportiva triestina è soltanto una delle tante novelle Eva che, per affermare la necessità di essere se stesse, allontanandosi dallo stereotipo che le vuole radici per il nutrimento altrui, hanno scelto di arrampicarsi sugli alberi, di farsi loro stesse frutto, di essere sovversive come ogni creatura che sale verso il cielo per negare la gravità terrestre e osservare il mondo da una nuova prospettiva. E, una volta in cima, dichiarare: “Io non scendo”.
S’intitola così la mostra fotografica, promossa e organizzata da ERPAC FVG – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia, curata da Laura Leonelli, giornalista e scrittrice, collaboratrice del supplemento culturale de Il Sole 24 Ore (e di Arte e AD) e appassionata collezionista di fotografie anonime, l’esposizione nasce dal suo omonimo libro, pubblicato da Postcart, e raccoglie, in un allestimento che richiama un bosco, con sottofondo di canto d’uccelli, più di duecentocinquanta fotografie anonime di donne che dal 1870 al 1970 hanno scelto di farsi ritrarre in cima agli alberi.
Sono foto vintage che provengono dagli Stati Uniti e da ogni angolo d’Europa e Mediterraneo, dalla Francia all’Italia, dall’Ucraina all’Egitto. Sono immagini anonime in bianco e nero, molte conservate negli album di famiglia, che restituiscono al primo sguardo tutta la loro fragilità e intimità, raccontando di un’epoca in cui, contrariamente al presente delirio bulimico d’immagini, una fotografia valeva tantissimo. E allora, ed è la domanda che percorre il libro e la mostra, perché tutte queste donne hanno scelto di farsi fotografare in questo modo? “Le donne salgono sugli alberi quando disubbidiscono – scrive Laura Leonelli all’inizio del volume -. E ogni donna che disubbidisce è figlia della prima, più celebrata e dannata delle disubbidienti: Eva. Ascoltando la voce delle nuove Eva, dal dodicesimo secolo a oggi, questo libro riporta gli slanci, le delusioni, le battaglie, le ascese di alcune di loro, mistiche, scrittrici, filosofe, fotografe, ecologiste, imprenditrici, alpiniste, che hanno disubbidito e sono salite sull’albero della consapevolezza e della propria realizzazione. E da quel vertice Cristina di Sint-Truiden, Louisa May Alcott, Sarah Orne Jewett, Voltairine de Cleyre, Anne Brigman, Astrid Lindgren, Simone de Beauvoir, Beah E. Richards, Angela Carter, Julia Butterfly Hill, Suni Lee, Bianca Di Beaco, Tiziana Weiss, e Riccarda de Eccher hanno detto: “Io non scendo”.
Le donne che si arrampicano sugli alberi sono sempre esistite, ma la matrice letteraria che ha dato impulso alla pratica del farsi fotografare arrampicate su un albero è stato il romanzo “Piccole donne”, pubblicato nel 1868. Jo March infatti, la più celebre delle quattro sorelle del capolavoro di Louisa May Alcott, adorata da tutte le lettrici per il suo carattere ribelle e coraggioso (quindi, all’epoca, maschile), ama leggere, e non a caso ama leggere sul melo di fronte a casa. Jo è l’alter ego dell’autrice, ma lo è anche di Katherine Hepburn – Jo in uno dei più famosi adattamenti cinematografici del romanzo – e soprattutto lo sarà di Simone de Beauvoir, che come Jo sente la forza liberatrice della cultura.
Jo è tra le prime, e renderà ricchissima la sua autrice, ma nel 1945 arriva Pippi Calzelunghe, nata dalla penna della scrittrice svedese Astrid Lindgren, cui fa seguito l’omonima serie televisiva: anche la ragazzina dalle trecce incandescenti e dalla forza soprannaturale, libertaria e indipendente, ama arrampicarsi sugli alberi. E ancora una volta il pubblico femminile viene stregato da questo ritratto non convenzionale di un’Eva selvatica, maestra di vita e guru ribelle.
Nel 1954 è la volta di Sabrina, capolavoro del geniale Billy Wilder: Audrey Hepburn, figlia dell’autista e nuova Cenerentola, si stende sul ramo di un albero per contemplare meglio l’oggetto della sua passione, quell’irresistibile dongiovanni di David Larrabee. E da quel ramo immagine e “pretende” il suo futuro. Che si realizzerà.
Facendo un passo indietro, troviamo Voltairine de Cleyre, classe 1866, figlia di un padre socialista emigrato negli Stati Uniti. Voltairine è un enfant prodige che a quattro anni legge e scrive poesie e che a sei anni chiede al padre di costruirle “una stanza tutta per sé” sull’acero davanti a casa. A ventiquattro anni Voltarine, nome che rende omaggio al grande illuminista, scrive il saggio “Sex slavery”, riflessione sul matrimonio come schiavitù della donna. Le donne invece fin da bambine dovrebbero essere lasciate libere di seguire la loro natura e, non a caso, dovrebbero poter salire sugli alberi, come fanno allegramente e senza censure i maschi.
Negli anni ’90, troviamo Julia Butterfly Hill, che ha trascorso 738 giorni su una sequoia millenaria, diventando il simbolo di una delle più straordinarie lotte del movimento ecologista americano.
Ma a volte non è solo il maschile patriarcale a ostacolare l’emancipazione delle donne. A volte sono le donne stesse, come ricorda Angela Carter nel suo romanzo La bottega dei giocattoli. Protagonista è Melanie, quindicenne, che una notte di luna piena indosserà l’abito nuziale della madre per prenderne simbolicamente il posto, il ruolo, il potere. Una corsa in giardino sotto la luna piena, l’abito splende, ma colpo di vento e la porta di casa si chiude. Per tornare in casa, e nascondere le tracce del delitto, dovrà arrampicarsi, guarda caso, su un melo.
La mostra rende omaggio a tre donne triestine e friulane, tre grandi scalatrici: d’altra parte chi meglio di una scalatrice prosegue l’ascesa iniziata sugli alberi? Ecco allora che Laura Leonelli ha reso omaggio a Bianca di Beaco, Riccarda de Eccher e Tiziana Weiss, e in mostra splende una sua fotografia. Tre scalatrici, due generazioni e una città dove le donne sono state più libere che altrove: a Trieste hanno iniziato presto ad arrampicare, e nessuno l’ha trovato strano. Come tutte le bambine irrequiete la prima arrampicata l’hanno affrontata sugli alberi, per poi farsi strada in un mondo che, fino ad allora, era stato rigorosamente precluso a metà del genere umano.
La mostra, cui faranno da corollario una serie di eventi d’approfondimento, sarà visitabile fino al 25 agosto, da martedì a domenica, dalle 10 alle 19 (prezzo biglietto intero 8 euro, ridotto 5 euro).
Per ulteriori informazioni: info@magazzinodelleidee.it; +39 040 3774783.