Gli dei tramontano a Klagenfurt per un inizio trionfale di stagione
Nella capitale della Carinzia è stata inaugurata con un grande successo la stagione lirica: è andato in scena il quarto titolo della tetralogia wagneriana, terzo nel progetto artistico del Teatro di Klagenfurt: Götterdämmerung – Il crepuscolo degli dei.
Teatro pieno, presenze non solo locali, con un discreto numero di corregionali melomani che hanno raggiunto l’Austria per l’occasione. Uno spettacolo di grande fascino con un’esecuzione musicale gradevole e raffinata. La bacchetta di Nicholas Milton ha dato prova ancora una volta di saper interpretare la musica di Wagner sciogliendone i nodi retorici e senza cercare scappatoie fra le lunghe e articolate pagine della partitura. I suoni sono trasparenti, chiari, nitidi, la potenza e il pathos evocati, senza essere trattenuti con ostinazione dall’orchestra, ma pur riuscendo a non cadere mai nella pacchianeria.
Katherine Broderick è limpida e forte nei panni di una Brünnhilde che sa piegarsi alla dolcezza dell’amore ma anche opporsi alla violenza subita da parte dell’eroe e del destino con carattere ed energia. Un’interpretazione vocale e drammatica ottima, senza riserva.
Buono il Siegfrid di James Kee, come il Gunther di Marian Pop e la Gutrune di Clara Nadeshdin. Profondo e dalla voce rotonda e passionale, Sami Luttinen in Hagen. Una grande interpretazione sia dal punto di vista musicale che registico anche da parte di Stefan Heidemann in Alberich. Qualche doppio ruolo per le bravi interpreti delle Norne, come per le divertentissime figlie del Reno e Waltraute. Pregevole anche l’apporto del coro, co-protagoinista indiscusso del terzo atto.
L’idea sviluppata da Aron Stiehl, regista dello spettacolo e sovrintendente all’Opera di Klagenfurt è sviluppata in modo chiaro e convincente. L’ambientazione distopica, ma al contempo immersa nel reale, quasi a volersi svelare come la trama onirica di un respiro emozionato, è nota al pubblico dal debutto de La Valchiria, con la quale il teatro ha deciso di iniziare il suo Ring tre stagioni or sono.
La trama mitologica qui si macchia, si sporca di una concretezza che dà credibilità alla narrazione. Qualche tratto ironico, irriverente, aiuta a conciliare lo spettatore con la durata dell’opera e va a sottolineare ancora maggiormente l’umanità dei caratteri descritti e degli squallidi intrighi. Gli dei tramontano fra le fiamme vive appiccate da Brünnhilde di una civiltà in decadenza, ma nasce una nuova umanità, fatta forse di eroi o, piuttosto, di ignari pedine in un altro gioco più grande di loro. Forse si tratta di ladri di quell’oro che non è mai appartenuto agli uomini, ma che gli uomini non rinunciano a bramare per sé.