Nel suggestivo scenario della Torre del Lloyd va in scena “Circe” per il Bloomsday 2023

Trieste – Il Bloomsday 2023 entra al Porto di Trieste, nel suggestivo scenario della Torre del Lloyd, e mette in scena – in un adattamento teatrale prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dall’Università degli Studi di Trieste/Dipartimento Studi Umanistici – l’episodio più lungo dell’Ulysse joyciano, “Circe”, con il titolo “Circe: sogni, allucinazioni e… del mestiere più antico del mondo”. La pièce si inserisce fra gli eventi per il Bloomsday 2023 promossi dal Comune di Trieste /Assessorato alle politiche dell’educazione e della famiglia e dall’Università degli Studi di Trieste/Dipartimento Studi Umanistici.

L’appuntamento è per sabato 17 e domenica 18 giugno alle ore 21 all’ingresso della Torre del Lloyd: l’ingresso sarà libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

“Circe: sogni, allucinazioni e… del mestiere più antico del mondo” nasce dall’adattamento dal capolavoro di Joyce realizzato da Laura Pelaschiar e Paolo Quazzolo, docenti del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, e viene messo in scena da un ensemble composto dagli attori del Teatro Stabile Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, e dalle laureande del Dipartimento di Studi Umanistici Elisa Mariúz, Valeria Piraino e Federica Rufolo.

La Sala delle Colonne della Torre del Lloyd – edificio storico ottocentesco dell’Arsenale del Lloyd Austriaco realizzato su progetto dell’architetto Hansen – farà dunque da sfondo al momento più visionario del romanzo, che vede un decisamente aliticcio Stephen Dedalus e un sobrio Leopold Bloom nel bordello di Bella Cohen, alle prese con allucinazioni, visioni, sogni, alcuni esilaranti, altri decisamente più sobri, in cui tutto – personaggi reali e finzionali, ventagli, campanelli di bici, gambe, carte da parati, ninfe, alberi, le Ore del Ponchielli… – prende voce, parla, canta, sussurra, per poi svanire nel nulla. È un episodio composto da Joyce in forma di copione eppure il meno rappresentabile del testo: un tour de force tra realtà (poca) e irrealtà (moltissima) a cui lasciarsi andare e arrendersi senza farsi troppe domande, accettando la sfida e il gioco del genio joyciano.

Per autori e interpreti un impegno non da poco, che li impegna in ruoli multipli e diversi. Per il pubblico un’esperienza ricca e insolita, un confronto con uno dei momenti più estremi dello sperimentalismo joyciano – quel mondo della notte, dell’onirico e dell’irrazionale che poi Joyce vorrà rappresentare con esiti ancora più estremi in Finnegans Wake – e dove il vortice di immagini corrisponde una moltiplicazione di ruoli e significati, nel segno della metamorfosi continua e della magia.

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