Caporalato nei vigneti del Collio con sfruttamento di minori, arrestate quattro persone
Gorizia – Detenevano e sfruttavano connazionali per la potatura dei vigneti: i quattro componenti di una banda criminale dedita al caporalato sono stati arrestati nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza.
Le Fiamme Gialle di Gorizia, sotto la direzione della Procura della Repubblica del capoluogo isontino, ha fermato quattro persone, tre di nazionalità rumena e uno di nazionalità moldava, per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera di cui all’art. 603-bis del codice penale, con le aggravanti della minaccia, del numero e della minore età dei lavoratori.
Il provvedimento cautelare è stato eseguito nella mattinata del 16 febbraio da un dispositivo coordinato dal Gruppo di Gorizia e composto da oltre 50 militari. Il 20 febbraio scorso i fermi sono stati convalidati dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Gorizia, che li ha convertiti in custodia cautelare in carcere per tre dei quattro indagati e in obbligo di dimora per il quarto.
La perquisizione delle abitazioni e dei locali in uso agli indagati, in provincia di Gorizia ed Udine, tra cui tre dormitori, ha fatto emergere la presenza di 30 lavoratori di nazionalità rumena, tutti irregolari, di cui un minore di anni 18 ed un minore di anni 16, alloggiati in condizioni igienico-sanitarie precarie ed ammassati in spazi non idonei in rapporto al numero di abitanti.
L’indagine è scattata in seguito ad una comunicazione anonima pervenuta circa due mesi fa al numero di pubblica utilità “117” della Sala Operativa del Comando Provinciale delle Fiamme Gialle, da parte di un cittadino rumeno.
L’uomo aveva riferito di un proprio connazionale fuggito dal territorio goriziano perché oggetto per mesi, insieme a molti altri, di sfruttamento come bracciante agricolo da parte di un gruppo di “caporali”, anch’essi rumeni, dei quali la fonte anonima aveva fornito unicamente foto e nome del “capo”.
Sulla base di tali indizi gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno avviato i riscontri del caso per l’identificazione dei soggetti e la verifica delle circostanze segnalate, tramite sopralluoghi e monitoraggio dei social network.
Gli approfondimenti svolti hanno permesso di appurare che, effettivamente, in Romans d’Isonzo era presente un gruppo di persone che, operando come veri e propri “caporali”, impiegavano consistente manodopera agricola in condizioni di sfruttamento, distribuendola in diverse aziende agricole della zona dell’Alto Isontino e della Bassa Friulana per essere adibita alla potatura delle vigne.
Sotto la direzione della Procura della Repubblica di Gorizia, i militari del Gruppo del capoluogo hanno quindi installato dispositivi “GPS” su alcuni dei pulmini utilizzati per il trasporto dei lavoratori e hanno sottoposto ad intercettazione telefonica gli smartphone dei sospetti “caporali”, giungendo rapidamente alla ricostruzione dell’operatività del sodalizio criminale.
Il gruppo è risultato composto da tre soggetti di nazionalità rumena e uno di nazionalità moldava, cui erano riconducibili una società con sede in provincia di Gorizia e una società di diritto rumeno, entrambe operanti nella fornitura di manodopera.
Tali società disponevano di alcune decine di lavoratori di nazionalità per lo più rumena, impiegati – in assenza di contratto o, comunque, in maniera irregolare – come braccianti presso diverse aziende agricole della zona dell’Alto Isontino e della Bassa Friulana.
I lavoratori venivano prelevati all’alba presso veri e propri dormitori messi a disposizione dalle due società e accompagnati nei luoghi di lavoro a bordo di pulmini condotti dai componenti della banda, dove prestavano la loro opera con turni di circa 10 ore giornaliere;
Alla sera, i braccianti venivano nuovamente concentrati presso i dormitori, dove venivano rinchiusi a chiave in attesa della giornata successiva. Ai lavoratori era concesso, peraltro non sempre, un unico giorno di riposo: la domenica.
Lo sfruttamento era determinato da vari fattori, quali il modestissimo livello di retribuzione garantito, le precarie condizioni alloggiative e di vita, l’assenza di regolarizzazione della posizione lavorativa, la mancata erogazione ai lavoratori delle benché minime garanzie di sicurezza e igiene sul lavoro.
Gli indagati approfittavano dello stato di bisogno dei braccianti, che risultavano spesso ricattati e minacciati di essere cacciati senza paga, privati dei documenti di lavoro con la promessa di restituzione al termine della stagione lavorativa, reclutati spesso nel distretto di Arad, tra i più poveri della Romania, con la promessa di poter mandare alle proprie famiglie rimaste in patria la paga tramite money transfer.
Le testimonianze rese dai braccianti sfruttati hanno confermato l’impianto investigativo ed è stato così appurato che gli stessi sostenevano turni di lavoro massacranti a fronte di un salario irrisorio, dal quale peraltro venivano arbitrariamente decurtate dagli indagati le spese per vitto, alloggio e altri generi.
I lavoratori erano inoltre tenuti in uno stato di semi-segregazione. Hanno infatti dichiarato che non potevano uscire dai dormitori e hanno confermato di aver subito la sottrazione dei documenti di identità, inoltre erano continuamente minacciati di licenziamento.
Alla luce del concreto pericolo di fuga dei quattro malviventi, i quali dopo le perquisizioni, sapendo di essere indagati, avrebbero potuto far perdere le loro tracce, i Finanzieri hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto su disposizione del pubblico ministero inquirente, arrestando i quattro e accompagnandoli presso le carceri di Gorizia e Trieste.