Allarme siccità in Friuli Venezia Giulia: Legambiente denuncia l’uso incontrollato dei pozzi
FVG – Le scarse precipitazioni di questi mesi lasciano intravedere uno scenario preoccupante per la futura stagione calda: è l’allarme di Legambiente FVG.
Per l’associazione ambientalista è necessario prendere provvedimenti urgenti. Il tema delle risorse idriche dovrebbe essere in cima all’agenda dei decisori politici, per evitare di inseguire l’emergenza già dalla prossima primavera, con l’avvio della stagione irrigua. Serve una pianificazione a lungo termine e di ampio respiro sugli usi della risorsa acqua, sulla sua protezione e preservazione.
“Dovremmo imparare dal passato – prosegue Legambiente FVG – la siccità del 2003, in base ai dati dell’Università di Udine, si è protratta fino al 2008/2009, dunque si può prevedere che le conseguenze della siccità del 2022, confermata anche per l’inizio del 2023, si ripercuoteranno pesantemente negli anni a venire. Da vent’anni le falde continuano ad abbassarsi, anche per l’eccessivo e incontrollato uso della risorsa idrica”.
Una delle principali criticità della nostra regione – rileva Legambiente FVG – è quella dell’utilizzo dei pozzi artesiani a uso domestico nella bassa pianura. Con il decreto 106 dell’11 agosto 2022 “Dichiarazione dello stato di sofferenza idrica in Regione Friuli Venezia Giulia”, il Presidente Fedriga si limitava a consigliare la riduzione del flusso d’acqua in uscita tramite l’installazione di una valvola di regolazione.
L’acquisto di questi dispositivi di regolazione del flusso dei pozzi può essere finanziato in base agli articoli 4 e 5 della legge regionale di stabilità. L’Amministrazione regionale sta dunque affrontando questo grave problema di spreco di acqua demandando alla libera iniziativa dei cittadini e dei Comuni la diminuzione dello spreco stesso.
Legambiente ritiene che ciò non sia sufficiente. Si dovrebbe innanzitutto procedere alla sigillatura dei pozzi di proprietà pubblica e, per i pozzi a salienza naturale con mera funzione ornamentale, dovrebbe essere vietata in assoluto l’erogazione del flusso.
È evidente la necessità di un aggiornamento del censimento dei pozzi domestici esistenti, per avere un quadro conoscitivo il più possibile preciso e poter agire di conseguenza per eliminare gli sprechi. Servono urgenti norme generali e tecniche per la chiusura dei molti pozzi in specifiche condizioni di criticità, dei pozzi a getto continuo ingiustificato e regolazione degli altri, insieme a norme generali e tecniche per l’apertura di nuovi pozzi.
L’associazione ambientalista sottolinea inoltre che molte azioni per una gestione efficiente e sostenibile sono già focalizzate nel Piano Regionale di Tutela delle Acque. Questo piano, tra l’altro, dovrebbe essere aggiornato e coordinato con quello di Mitigazione e Adattamento ai Cambiamenti Climatici, con particolare riguardo alla gestione degli eventi estremi che si stanno facendo sempre più frequenti.
In base al Piano Acque, l’uso sostenibile della risorsa richiede la raccolta dei dati di ricarica e derivazione, per avere un bilancio in entrata e uscita dell’acqua disponibile, a oggi ignoto. Servono dati su qualità e contaminazione, sugli impatti ambientali e scenari di previsione. Bisogna adottare sistemi per ridurre gli sprechi, utilizzare responsabilmente e in modo sostenibile le risorse, anche nel settore agricolo, ittiogenico e industriale. I sistemi acquiferi profondi (generalmente quelli oltre 250-300 m di profondità) non dovrebbero essere toccati, perché rappresentano la risorsa potabile strategica per il futuro. Così pure, per le acque superficiali, nuovi progetti di derivazione.
Un quadro aggiornato sulla disponibilità di acqua e sui suoi utilizzi deve infine portare all’elaborazione di un Piano strategico a scala regionale per l’approvvigionamento e gestione a medio termine della risorsa (2040-2050), che preveda bonifica, riqualificazione, protezione, prevenzione, riuso e gestione razionale.
La crisi climatica impone ai decisori politici uno sguardo lungimirante, per evitare il peggio. Il senso del limite nell’uso delle risorse naturali deve essere un pilastro nelle politiche pubbliche. Tra l’altro stimola, se comunicato correttamente, innovazione tecnica e sociale. A maggior ragione ora che abbiamo inserito in Costituzione i bisogni delle nuove generazioni.