Trieste: commercianti nel mirino dei turisti. Mancano educazione e professionalità
Trieste – Era nell’aria. La bolla doveva scoppiare, prima o dopo. È bastato che a Trieste ci fosse un’affluenza di turisti un po’ più consistente del solito. Ed ecco che la malacreanza e la scortesia dei commercianti Triestini escono dai confini nella mitologia cittadina e dai circuiti metropolitani di blogger, film maker, musicisti e doppiatori dialettali di pellicole famose.
Più prosaicamente, qualche giorno fa, alcuni turisti in visita nel capoluogo giuliano hanno denunciato alla Fipe (la federazione dei pubblici esercenti) il trattamento subito nei locali pubblici di Trieste. La Fipe ha segnalato l’evento nella propria pagina FB, lanciando contemporaneamente un monito ai suoi affiliati: maleducazione, scarsa professionalità e scarso rispetto sono i capi di imputazione addebitati alla categoria.
Il richiamo è stato raccolto dal quotidiano locale che ha promosso un sondaggio on-line in merito alla questione. Sondaggio al quale la cittadinanza ha risposto con una condanna senza appello della categoria dei commercianti giuliani.
Quanto da sempre sta “in pectore” all’acquirente triestino, o negli aneddoti da raccontare a gara oppure nei ricordi agrodolci – anche divertiti – dei frequentatori abituali o saltuari della città, ha raggiunto i canali istituzionali.
Non è un mistero che quella che è diventata una categoria comico-antropologica, una caratteristica amena e proverbiale in città (e anche fuori) abbia configurato il commerciante triestino come prototipo della scortesia e della scarsa competenza.
Sia chiaro: la maleducazione dei commercianti triestini deve fare i conti con la sensibilità soggettiva. Un po’ come la temperatura: c’è quella effettiva e quella percepita.
Per verificare la maleducazione “percepita” c’è il sondaggio oppure il ricorso alla propria memoria. E anche ricorrendo alla propria esperienza è possibile confrontare l’accoglienza dei pubblici esercizi di Trieste con quella offerta nell’area geografica oltre il Lisert.
Agli sgoccioli del termine utile per esprimere un parere, il 71% dei 3.447 votanti si sono pronunciati per la bocciatura: l’insufficienza si distribuisce – come a scuola – tra l’1 e il 5. Il rimanente 29% va nella forbice tra il 6 e il 10 (un 4% è per il 9 e un altro 4% per il 10).
Considerazioni matematico-statistiche a parte, e tenendo conto che neanche il turista è sempre uno stinco di santo, il giudizio è piuttosto chiaro: il commerciante triestino è quantomeno “poco rispettoso” nei confronti del cliente. E, per dovere di logica, si dovrebbe anche considerare che il commerciante triestino, prima di essere commerciante, è triestino. Ma questo darebbe la stura a una serie di conseguenze argomentative pericolosissime.
Invece un’altra considerazione che si può aggiungere è che Trieste risulta da sempre tra le città più care d’Italia. Al secondo posto in Italia nei dati Istat del febbraio scorso: appena meno cara di Bolzano e un po’ più cara di Milano. Ora è al quinto posto, ma rimane il fatto che il triestino medio paga molto per ottenere poco (almeno in termini di cortesia, rispetto e professionalità), perché proprio i servizi ricettivi e la ristorazione sono uno tra i settori di maggior peso nell’indice dei prezzi al consumo.
Altro dato “percepito” è che nella grande distribuzione e nella distribuzione organizzata ci sia una forte differenza nell’offerta degli articoli. Per questo è sufficiente dare un’occhiata ai grandi magazzini di Trieste e a quelli delle altre città d’Italia per notare che nel capoluogo giuliano la scelta è sempre assolutamente inferiore per varietà e qualità della merce.
In sostanza, la situazione è più complessa di quanto sembra. Una volta il cliente aveva sempre ragione.
Roberto Calogiuri