Il Consiglio di Stato respinge l’appello dei sanitari no vax: l’obbligo vaccinale è legittimo
Roma – Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7045/2021 pubblicata mercoledì 20 ottobre, ha dichiarato legittimo l’obbligo vaccinale per il personale sanitario.
Ha così respinto l’istanza di alcuni medici, paramedici, farmacisti e parafarmacisti ed altri operatori sanitari della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
Tale personale sanitario, non ancora vaccinato, contro l’obbligo aveva fatto ricorso al TAR – Tribunale amministrativo regionale – che lo aveva dichiarato inammissibile ed aveva condannato i numerosi ricorrenti a rifondere le spese del giudizio nei confronti delle tre Aziende sanitarie costituitesi in resistenza.
I sanitari avevano quindi proposto appello avanti al Consiglio di Stato, che ha però confermato l’obbligo vaccinale contro il virus Sars- CoV-2, così come previsto per il personale sanitario dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021.
Secondo il Consiglio, l’obbligo vaccinale è imposto a tutela non solo del personale sanitario, impegnato nella lotta contro la diffusione del virus Sars-CoV-2, ma anche dei pazienti e delle persone più fragili che sono ricoverate o si recano comunque nelle strutture sanitarie o socioassistenziali, sottolinea il Consiglio di Stato.
Tale obbligo non si fonda solo sulla relazione di cura e fiducia tra paziente e personale sanitario, ma anche sul più generale dovere di solidarietà (art. 2 Cost.) che grava su tutti i cittadini, a cominciare dal personale sanitario, nei confronti dei soggetti più vulnerabili e che sarebbero più esposti alle conseguenze gravi o addirittura letali del virus per via del contatto con soggetti non vaccinati.
Così si legge infatti nella sentenza: “Nel dovere di cura, che incombe al personale sanitario, rientra anche il dovere di tutelare il paziente, che ha fiducia nella sicurezza non solo della cura, ma anche nella sicurezza – qui da intendersi come non contagiosità o non patogenicità – di chi cura e del luogo in cui si cura, e questo essenziale obbligo di protezione di sé e dell’altro, connesso al dovere di cura e alla relazione di fiducia, non può lasciare il passo, evidentemente, a visioni individualistiche ed egoistiche, non giustificate in nessun modo sul piano scientifico, del singolo medico che, a fronte della minaccia pandemica, rivendichi la propria autonomia decisionale a non curarsi”.
“Questa scelta, che sarebbe in una condizione di normalità sanitaria del tutto legittima perché espressione della libera autodeterminazione e del consenso informato, di cui alla l. n. 219 del 2017, appena richiamato, costituisce nel contesto emergenziale in atto un rischio inaccettabile per l’ordinamento perché mette a repentaglio la salute e la vita stessa di altri – le persone più fragili, anzitutto – che, di fronte all’elevata contagiosità della malattia, potrebbero subirne e ne hanno subito le conseguenze in termini di gravità o addirittura mortalità della malattia”.
“Nel bilanciamento tra i due valori, quello dell’autodeterminazione individuale e quello della tutela della salute pubblica, compiuto dal legislatore con la previsione dell’obbligo vaccinale nei confronti del solo personale sanitario, non vi è dunque legittimo spazio né diritto di cittadinanza in questa fase di emergenza contro il virus Sars-CoV-2 per la c.d. esitazione vaccinale”.
“L’obbligatorietà della vaccinazione è una questione più generale che, oltre ad implicare un delicato bilanciamento tra fondamentali valori, quello dell’autodeterminazione e quello della salute quale interesse della collettività anzitutto secondo una declinazione solidaristica, investe lo stesso rapporto tra la scienza e il diritto, come è ovvio che sia, e ancora più al fondo il rapporto tra la conoscenza – e, dunque, l’informazione e il suo contrario, la disinformazione – e la democrazia”.