Litigare paga? Dialogo o ricorso, per esempio a scuola…
Trieste – Si può gettare olio sulle onde o benzina sul fuoco. Ci sono genitori che credono nel dialogo tra famiglia e scuola, e genitori che credono nel ricorso contro l’esito negativo degli scrutini di fine anno, ovvero quello che si chiamava bocciatura.
E questo è, appunto, il periodo giusto perché in questi giorni si stanno concludendo i consigli di classe che decidono il futuro di tutti gli studenti italiani. In genere, tra giugno e agosto scoppia puntuale il “boom” dei ricorsi.
Quindi ci sono genitori (a esempio quelli del FONAGS – Forum delle associazioni genitori nella scuola) che credono nei dispositivi espressi dal sistema legislativo italiano e nella loro applicazione da parte di una scuola rispettosa di diritti e bisogni.
Poi ci sono i genitori che non credono in questa forma di collaborazione. E così si spiega il moltiplicarsi, di anno in anno, dei ricorsi al TAR per i giudizi di non ammissione alla classe successiva che sono decretati dai consigli di classe alla fine dell’anno scolastico. La litigiosità aumenta con ritmo vertiginoso di anno in anno assieme al lavoro di tribunali e, naturalmente, di avvocati.
Non è tanto importante entrare nel merito dei ricorsi. Alcuni saranno giusti, altri no. Alcuni giudici rispettano le decisioni dei docenti e si fermano all’aspetto burocratico. Altri giudici entrano nel merito e pretendono di decidere quali e quante materie siano “essenziali”, generando pericolose invasioni di campo.
Non è nemmeno decisivo ricordare che dal 1974, con i decreti delegati, e con l’avvio del dialogo tra scuola e famiglia del ’96 e il patto di corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia del 2007 si è tentato di avvicinare le parti. Con il registro elettronico (croce e delizia di insegnanti e alunni) si è tentato di ridurre la distanza tra casa e classe.
È invece rilevante notare che, come per qualunque domanda del mercato, anche i ricorsi possano costituire un affare. La litigiosità può essere oggetto di offerta, può divenire questione di marketing, fonte di visibilità, delineando un confine molto sottile tra garantismo e commercializzazione dei servizi.
Anche considerato che viviamo in un momento terribile, di scarsità di lavoro e di occupazione, anche considerando i sacrosanti diritti dei consumatori ad essere trattati con equità e giustizia – e a maggior ragione studenti, minori e famiglie – è altrettanto interessante notare la comparsa – nel mondo virtuale della rete – di una associazione di promozione sociale.
La promozione di cui si occupa questo benemerito sodalizio (ma sarà poi benemerito, visto che non si parla di tariffe né di gratuità) è di fornire assistenza per “ricorsi immediati contro le bocciature per tutti gli ordini di scuola” condita dal claim in colore rosso acceso “La tempestività fa la differenza”.
Sito battagliero oltre che litigioso (in senso legale, ovviamente). Sostiene che la letteratura accreditata definisce la “bocciatura come un errore di sistema”. Argomenta che nel 90% dei casi la non ammissione è dovuta a “gravi inadempienze nella corretta applicazione di un piano educativo personalizzato”. Però, in entrambe i casi non cita né le fonti bibliografiche né quelle statistiche.
Di conseguenza, l’organizzazione di Padova (così fa immaginare il prefisso telefonico) alimenta l’annosa questione sulla delega dell’educazione: quando e quanto i genitori devono entrare nella sostanza e nel merito del processo educativo? Anzi: oltre che alimentarla, ne sostiene la liceità.
E poi una questione psico-pedagogica, ma sarebbe anche socio-antropologica, ancora più delicata e scottante: si sostiene la mancanza di pari opportunità “nella più definitiva consapevolezza che ognuno ha sempre grandi potenzialità da esprimere”.
Infatti la pagina del sito (per la verità fin troppo scarno ed essenziale, senza il solito “chi siamo” con le notizie fondamentali per capirne il profilo professionale, la mission e la vision…) si conclude con una citazione che suona così: “La più alta forma di oppressione che possa avere un educatore o anche un genitore sono le basse aspettative“.
Non si sa da dove sia tratta, ma è indicato l’autore: Giuseppe Martini.
Nel caso questa sentenza serva a definire l’orientamento intellettuale e culturale dell’associazione, viene da chiedersi chi sia Giuseppe Martini. Forse questo potrebbe gettare lumi sulla vision e la mission dell’associazione.
Non sarà, forse, Giuseppe Martini quel geometra esperantista che fu tra gli uccisori di Giovanni Gentile?