Studio Confcommercio: la cattiva burocrazia fa perdere all’Italia 70 miliardi di euro
Roma – Inefficienze e scarsa qualità dei servizi erogati dalla P.a impattano sulla crescita del nostro Paese con una perdita di circa 70 miliardi di Pil e, nel confronto internazionale, su 36 Paesi OCSE, fanno scivolare l’Italia al terzultimo posto passando dalla 20esima alla 33esima posizione: questi, in sintesi, i risultati di un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla qualità della burocrazia e il suo impatto sulla crescita economica del Paese pubblicata in questi giorni.
Le valutazioni sulla qualità della burocrazia nella comparazione internazionale sono ricavate dal Quality of Government Index dell’Università di Goteborg, indicatore composto da tre pilastri: livello di corruzione, caratteristiche della legislazione e osservanza della legge, qualità della burocrazia in senso stretto. Quindi è un indice che, oltre alle singole procedure burocratiche, dà conto anche dei loro effetti sui comportamenti e le performance dei legislatori e dei cittadini.
Il risultato – spiega Confcommercio – è che non solo siamo piuttosto distanti dalle migliori posizioni ma, cosa ancora più grave, scendiamo in graduatoria con il passare del tempo. Su 36 paesi OCSE, l’Italia scivola dalla mediocre 26ª posizione del 2000 alla pessima 33ª, terz’ultima, del 2018. Il livello della qualità della burocrazia è dunque ben lontano dallo standard dei migliori tra le economie avanzate.
Tutto questo ha probabilmente a che fare anche con i ritardi del nostro Paese sull’innovazione tecnologica e sul capitale umano della P.A., con inevitabili ricadute negative sulle performance della burocrazia e, conseguentemente, con un pesante impatto sulla crescita.
Come apparirebbe, dunque, il prodotto lordo italiano se nel passato si fosse consolidata una burocrazia più efficace ed efficiente, per esempio ai livelli dei migliori tra i Paesi OCSE? Se l’Italia avesse, ad esempio, la stessa qualità dell’amministrazione della Germania, tra il 2009 e il 2018 la crescita cumulata sarebbe stata del 6,2% invece del 2,3% e il livello del prodotto lordo sarebbe più elevato di circa 70 miliardi di euro.
Con una migliore burocrazia si avrebbero, inoltre, evidenti benefici anche per i conti pubblici. Infatti, una maggiore crescita del Pil genererebbe maggiori entrate, minore disavanzo e, dunque, minore debito sia come dimensione dello stock, sia in rapporto al Pil. In conclusione, ci sono ampi margini per migliorare il benessere economico del Paese e questo si può fare con strategie che non richiedono maggiori risorse o ricette fantasiose: una delle più profittevoli e di lungo termine consiste semplicemente nel migliorare la qualità della pubblica amministrazione.