I restauri curati dal Rotary di Trieste riportano in vita importante manufatto di epoca romana. Le foto
Trieste – Il propileo di San Giusto – un porticato che dava accesso ad un’area dell’antica città romana – è un caso unico a Nord di Roma per l’eccezionale livello di conservazione “in alzato”, con basamento, colonne e attico che si presentano tuttora sul posto.
Si tratta di un edificio romano, databile intorno al 50 d.C., la cui funzione era quella di ingresso monumentale, costituito da colonnati e scale.
Descritto alla fine del 600 d.C. da Ireneo della Croce come arco trionfale, venne interpretato in seguito da Pietro Nobile e Pietro Kandler come tempio Capitolino della Tergeste romana. Gli scavi e le indagini degli anni Venti e Trenta del Novecento permisero poi una corretta ricostruzione della sua storia bimillenaria.
Un monumento dall’eccezionale valore storico e dalle potenzialità turistiche notevolissime, ma pressoché sconosciuto al pubblico non specializzato per motivi apparentemente banali, come il fatto che buona parte dei suoi elementi compositivi in pietra bianca si presentavano “oscurati” dalla patina del tempo. Un tesoro nascosto, ma a portata di mano.
Il restauro
Mancava solo qualcuno che se ne prendesse cura, investendo importanti risorse e professionalità nel suo recupero.
Lo ha fatto il Rotary Club Trieste, che ha progettato e finanziato – con la collaborazione della Fondazione benefica Kathleen Foreman Casali – un’articolata opera di restauro alla quale si è affiancata anche la realizzazione di un nuovo percorso di visita all’interno della torre campanaria della cattedrale di San Giusto.
In circa 3 mesi, il Rotary Club Trieste ha così riportato il propileo all’antico splendore, per regalare alla città un nuovo tassello di quel patrimonio storico-culturale che ne sta facendo una meta turistica emergente anche per gli amanti dell’arte e della storia.
L’idea di concentrarsi su questo restauro ha iniziato a concretizzarsi a fine 2019. In tempi rapidissimi il Rotary ha presentato alla Soprintendenza regionale il progetto. I lavori sono partiti a gennaio 2020 e neppure la pandemia è riuscita ad arrestarli.
I risultati ottenuti sono eccezionali, perché vanno ben oltre il restauro puro e semplice: all’opera di pulizia delle superfici lapidee, della rimozione delle grate e del restauro delle vetrate che permettono ora una vista più agevole di reperti e decori finora inaccessibili si è affiancata una vera e propria opera di “ripensamento” del monumento a misura di visitatore.
È stata infatti rimossa una porzione della struttura lignea di un solaio per mettere in luce l’articolato palinsesto archeologico-architettonico della torre, è stato installato un nuovo sistema di illuminazione per valorizzare i profili architettonici, i fregi e le sequenze/sovrapposizioni strutturali del monumento e – particolare non trascurabile che rivela l’attenzione alle ricadute positive in termini di fruibilità – è stato organizzato un percorso di visita che, partendo dall’originario accesso monumentale, raggiunge l’attico del propileo per concludersi alla cella campanaria.
Si tratta di un itinerario “misto” – in cui vengono evidenziate le molteplici fasi di “incastellamento” dell’edificio romano e gli antichi magisteri costruttivi, simbolismi, segni della storia, degli usi e delle tradizioni locali – che conduce il visitatore aiutandolo a comprendere le diverse fasi della costruzione del monumento che, come sappiamo, spazia dall’epoca romana al 1300.
È stato anche creato un passaggio “sospeso” su superficie vetrata che consente di “leggere” la struttura architettonica e che evidenzia la presenza del campanile più antico inglobato in quello trecentesco.
Nel restauro sono state coinvolte alcune eccellenze triestine: il team di Opera Est, azienda specializzata in restauri di beni culturali, capitanato da Claudia Ragazzoni che, con un lavoro certosino e sapiente, ha ripulito colonne, pilastri, capitelli, rimuovendo gli effetti del tempo e dell’incuria e ridonando così vita all’edificio. Per la parte edile ci si è affidati all’impresa Benussi & Tomasetti, mentre la parte illuminotecnica è stata curata da Adria Impianti. Utilizzati per il recupero anche i prodotti nanotecnologici della Nanocoatings.
Ma, come detto, il ruolo del Rotary non si esaurisce nella promozione e nel finanziamento (insieme alla Fondazione Casali) di questo progetto: il club triestino, presieduto da Francesco Granbassi, ha infatti messo in campo la professionalità dei propri soci, in primis Aulo Guagnini, architetto e ingegnere, e Alessandro Zanmarchi, avvocato ed esperto in materia di beni culturali, nei rispettivi ruoli di progettista e responsabile dei lavori, e di coordinatore degli aspetti tecnico-giuridici dell’intervento. Completa il quadro il coinvolgimento delle istituzioni, in primo luogo la Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio del Friuli Venezia Giulia, la Parrocchia della Basilica Cattedrale di San Giusto Martire e la Diocesi di Trieste, nella condivisione delle modalità di intervento e dei risultati attesi.
Le dichiarazioni delle autorità
“Il restauro e la restituzione alla città del propileo romano è un service di grande importanza culturale ed economica per la città tutta” ha dichiarato Francesco Granbassi, presidente del Rotary Club Trieste. “Stiamo parlando di uno dei monumenti meglio conservati in alzato a Nord di Roma. È un grandissimo onore aver affrontato come Rotary Club Trieste questo service e consegnare oggi nelle mani dell’arcivescovo Crepaldi e in quelle del sindaco Dipiazza un’opera unica restituita all’antica bellezza. Si tratta di un service tipicamente rotariano, dove le nostre professionalità interne hanno operato a beneficio di una comunità allargata. È quasi incredibile che chi ha lavorato sia riuscito in tempi così brevi a realizzare tutto questo. Sono tante le persone da ringraziare, ma in primis vorrei esprimere massima gratitudine ai rotariani Guagnini, Slocovich e Zanmarchi, con i quali abbiamo condiviso sin dall’inizio questo percorso, e alla Sovrintendenza, che ha supportato con entusiasmo e convinzione questa operazione”.
Il progetto – che ha trovato gli auspici della Presidenza Regionale Friuli Venezia Giulia del FAI Fondo Ambiente Italiano – si è anche avvalso della consulenza scientifica della professoressa Monika Verzar Bass, professore ordinario in Archeologia e Storia dell’arte greca e romana, che ha diretto per molti anni la Scuola di Specializzazione in Archeologia, il Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali e il Corso di Laurea Specialistica in Archeologia dell’Ateneo triestino. “L’edificio ha un valore eccezionale: non solo per la sua conservazione notevole e per la sua rarità tra le architetture delle città romane in Italia ma anche perché è ancora poco noto anche tra gli esperti” – ha dichiarato la professoressa Verzar Bass. – “Il fatto che il Rotary Club Trieste si sia impegnato in un’operazione di così alto valore, per restituire alla città un testimone così prezioso che contribuisce alla giusta rivalutazione della Tergeste romana e della sua importanza nei rapporti commerciali con la Grecia e la parte orientale del Mediterraneo, è un segnale importante su quello che può essere un moderno modo di fare mecenatismo culturale”.
Altri interventi
Ma a San Giusto il tempo e lo spazio non hanno confini: è proprio dal suo campanile infatti che la Trieste antica e medievale incontra e abbraccia la città settecentesca del Borgo Teresiano, la metropoli commerciale dei palazzi ottocenteschi e la Trieste moderna, il porto e il mare. La visita al campanile permette infatti di avere una visione d’insieme di tutte queste anime godendo, una volta raggiunta la sommità, di una delle più belle viste sulla città.
E affinché chiunque possa godere di tanta bellezza, l’intervento del Rotary Club Trieste si concluderà con l’installazione di una webcam sul colmo della torre campanaria, che diffonderà così l’immagine del capoluogo del Friuli Venezia Giulia in tutto il mondo.
“L’intervento inaugurato oggi ha visto la Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali nuovamente parte sostenitrice di un restauro accanto al Rotary Club Trieste con cui abbiamo collaborato positivamente più volte, anche nel recente passato, in uno dei luoghi “biglietto da visita” della nostra città” ha affermato Francesco Slocovich, Presidente delle Fondazioni Casali.
“Il Colle di San Giusto, come testimoniano i numeri dei visitatori del Castello negli ultimi anni, si è affermato sempre di più come uno dei luoghi più amati dai turisti che scelgono Trieste – ha dichiarato il Sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza – Questo intervento è dunque prezioso perché contribuisce ad arricchire ulteriormente l’offerta di visita e a valorizzare un patrimonio unico”.
Di seguito la fotogallery a cura di Simone Di Luca: