Rifiuti illegali in un capannone dell’isontino, sei persone arrestate. Sospetto giro di ecomafia

Gorizia – Sei persone ritenute responsabili di aver preso parte ad un’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti a carattere transnazionale sono state sottoposte alla misura di custodia cautelare personale disposta dal Giudice delle indagini preliminari di Trieste, su richiesta del dott. Antonio Miggiani, della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste.

Le indagini sono state avviate con il sequestro di un capannone industriale stracolmo di rifiuti da parte dell’Arma di Gorizia e condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale del capoluogo isontino, unitamente a personale del ROS ed ai Finanzieri del GICO di Trieste e dello SCICO di Roma.

L’inchiesta ha consentito di dare riscontro all’ipotesi investigativa di traffico illecito di rifiuti, documentando come i destinatari dei provvedimenti cautelari, nelle persone di G. D. di anni 48, P. P. di anni 39, R. D. di anni 51, A. D. di anni 44, F. C. di anni 56, C. P. di anni 56, avevano smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da “balle reggiate”, di un metro cubo l’una, di rifiuti plastici provenienti da un impianto di recupero di una società del bellunese (BL) e da un’area dismessa ubicata in Borovnica (Slo), abbandonandoli all’interno di un capannone industriale, ubicato a Mossa (GO).

Il magazzino, di proprietà di due società con sede a Napoli Gorizia, era stato adattato con un varco d’accesso laterale creato appositamente per effettuare gli scarichi abusivi in piena tranquillità, al riparo da sguardi indiscreti.

Il trasporto a Mossa dei rifiuti avveniva utilizzando i camion messi a disposizione da alcune compiacenti aziende di trasporto slovene.

L’attività investigativa è stata condotta anche con l’ausilio di un drone, che ha consentito di monitorare numerosi scarichi di rifiuti da parte degli indagati, per lo più nelle prime ore dell’alba e che, allo scopo di sottrarsi allo sguardo indiscreto di curiosi o ai controlli delle Forze dell’Ordine, avvenivano da un ingresso del capannone ricavato in un’area caratterizzata da folta vegetazione, dunque di difficile individuazione.

Nonostante le difficoltà, l’attività di osservazione realizzata ha permesso di seguire ogni movimento degli automezzi, dal loro ingresso in Italia sino al sito di smaltimento finale dei rifiuti.

Particolare risalto assume il contestuale sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati, per un valore pari a circa un milione di euro, profitto del reato, individuato nel danno ambientale arrecato dagli indagati al Comune di Mossa con l’abbandono dei rifiuti.

Nel corso delle indagini gli investigatori hanno documentato inoltre la ricerca da parte degli indagati, una volta sequestrato il capannone di Mossa (GO), di siti alternativi sul territorio friulano ove continuare la lucrosa attività illecita.

Sono in corso numerose perquisizioni in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania, al fine di recuperare la documentazione necessaria a ricostruire l’esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dagli automezzi prima di giungere al sito di destinazione finale.

Il Giudice delle indagini preliminari, nel motivare le esigenze cautelari, ha, inoltre, ricollegato la vicenda al diffuso fenomeno delle eco-mafie, sottolineando il fumus della presenza della criminalità organizzata ed il particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le evidenti affinità dell’accaduto con dinamiche criminali tipiche dell’area napoletana.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi