Infiltrazioni di stampo mafioso in FVG: riciclaggio di denaro e non solo
Trieste – Non siamo una regione con presenza di criminalità organizzata e di stampo mafioso forte come quella che si registra in Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, ma non possiamo dormire sonni tranquilli neppure qua. Dal 2014, c’è stata una escalation di fenomeni legati alle associazioni criminali nazionali e non da meno locali. È come se quel sistema sociale chiuso che caratterizzava il Friuli Venezia Giulia fosse venuto meno nella sua funzione di isolamento, che in questo caso significava protezione.
È quanto emerge dalla prima relazione annuale dell’Osservatorio regionale antimafia, istituito ai sensi della legge regionale 21/2017 “per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e di stampo mafioso”. È costituito da cinque componenti, nominati dal Consiglio regionale il 22 novembre 2017 e prorogati sino ad aprile 2020.
Si tratta di un organismo istituito in molte regioni d’Italia ma non in tutte. Il Consiglio regionale del FVG, a cui l’Osservatorio fa diretto riferimento, è in prima linea in questo aspetto offrendo un deterrente all’insediamento delle organizzazioni malavitose nel nostro territorio.
Diversi i settori in cui la criminalità organizzata si è infiltrata in FVG, a cominciare da quello del riciclaggio del denaro sporco per passare agli appalti e soprattutto ai subappalti, ai grandi traffici e ai trasporti, attraverso soggetti locali compiacenti ma anche stranieri, in particolare dell’Est Europa.
I casi accertati di infiltrazioni di stampo mafioso
Dall’Osservatorio un elenco delle evidenze investigative e giudiziarie più significative degli ultimi 20 anni: provvedimenti cautelari eseguiti nei confronti di alcuni componenti della famiglia Emmanuello di Gela, attivi nell’esecuzione di opere edili nel Comune di Aviano; indagini sull’insediamento di alcuni esponenti della camorra presso il mercato di Tarvisio; confisca di beni a Pordenone, Aviano e Tavagnacco all’imprenditore edile palermitano Pecora e a componenti della famiglia Graziano; sequestro della Sermac di Budoia, risultata di proprietà di un gruppo criminale comprendente esponenti della camorra, della ndrangheta e del clan Casamonica; indagine a Monfalcone sulla presenza di un clan della ndrangheta di origine crotonese con a capo Giuseppe Iona, attivo nel settore del traffico di stupefacenti e armi; indagine, avviata dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo, sui tentativi di infiltrazione di un imprenditore palermitano legato a “Cosa nostra” e operante a Monfalcone; indagine sulla presenza della camorra al Porto di Trieste, con l’arresto dei vertici della società “Depositi Costieri”; nel corso delle indagini è emerso un sofisticato sistema di scatole cinesi messe in piedi per riciclare denaro sporco; indagine sulla presenza della criminalità organizzata nel sistema dell’accoglienza degli immigrati a Trieste; indagine sul riciclaggio di proventi illeciti attraverso locali di ristorazione a Trieste e Udine, con il coinvolgimento di note pizzerie e ristoranti; indagini sulle residenze a Lignano, con la migrazione di famiglie campane per spostare un consistente numero di voti di preferenza nelle elezioni amministrative del 2012; indagini presso un centro commerciale di Udine, dove alcuni locali sono risultati di proprietà della nota famiglia Piromalli; indagini sugli appalti truccati per la realizzazione di varie opere, tra le quali la terza corsia dell’autostrada A/4
Le caratteristiche del fenomeno
“Come si evince da tale sintetica panoramica – è riportato nella relazione – non si può più parlare di tentativi di infiltrazione, né di sporadiche incursioni criminali in alcuni settori economico-produttivi, bensì di un consolidamento strutturato e radicato in alcuni specifici ambiti, quali quello del riciclaggio, accresciutosi negli anni. Ma l’allarme che tale situazione oggi determina, peraltro ancora da taluni sottovalutato, non è certo di quest’ultimo periodo o di un passato recente, è un allarme lanciato ben trenta anni fa dell’allora Procuratore della Repubblica di Marsala, Paolo Borsellino”.
Riciclaggio, dunque, con denaro proveniente da droga e armi che viene “ripulito” con attività lecite, le quali però finanziano altre attività illegali, secondo un sistema che si rinnova ogni volta. E poi l’infiltrazione nelle società “decotte”, ovvero in difficoltà economica, che vengono fatte fallire e poi acquisite per finalità indebite. E ancora la corruzione, attraverso le minacce prima alla persona poi alla sua famiglia.