I 160 Comuni aderenti alle UTI incontrano il Consiglio Regionale: “finisca le guerriglia tra sindaci”
Trieste «La riforma degli enti locali dettata dalla legge regionale 26/2014 istitutiva delle Unioni territoriali intercomunali ha luci e ombre, ma è divenuta operativa ed è basandoci su di essa che noi sindaci oggi stiamo prendendo le nostre decisioni. Siamo a chiedervi di non stravolgerla con la prossima legislatura, di lasciare la certezza della sua operatività, di non modificarne l’impianto che ci permette di individuare precisi percorsi di sviluppo del territorio e di messa in rete dei servizi, perché è una macchina ormai avviata».
È quanto ha chiesto il sindaco di Palmanova, Francesco Martines, a nome dei 160 sindaci che hanno deciso di applicare la legge sulle UTI. Con lui, una quindicina di altri sindaci ricevuti dal presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop, e dai capigruppo consiliari affiancati da diversi colleghi.
«La legge dice che le risorse vanno gestite su base comprensoriale – ha aggiunto Martines -, ma se quando l’UTI si riunisce ci sono sindaci che non si presentano, e non lo fanno mai pur avendo diritto di parola o di voto, perché hanno deciso che il loro Comune non aderisce all’Unione, come dovrebbero comportarsi tutti gli altri? Vi chiediamo, durante la campagna elettorale delle elezioni regionali del prossimo anno, di assicurarci che non modificherete la riforma in atto perché consente ai piccoli centri di condividere i servizi al cittadino delle realtà municipali più grandi, ve lo chiediamo per dare certezze ai nostri cittadini».
«Per noi – gli ha fatto eco il sindaco di Maniago, Andrea Carli, presidente dell’Uti Valli e Dolomiti Friulane – è importante mettere a sistema i servizi perché siamo un territorio vasto. Inoltre abbiamo un problema di carenza del personale tale per cui senza la Uti alcuni Comuni sarebbero costretti a chiudere, invece grazie ad essa abbiamo potuto fare 8 concorsi. Vi chiediamo di agire e legiferare secondo una logica territoriale e non meramente politica. Noi siamo per l’Area vasta, per lo sviluppo comune del territorio, per ragionamenti da fare tutti assieme».
Primo a rispondere, il capogruppo di AP, Alessandro Colautti, il quale, sottolineata l’irritualità dell’incontro, ha difeso l’operato dell’opposizione affermando scelte fatte al di là dell’aspetto politico, ma sempre attente alle esigenze dei piccoli Comuni.
L’aspetto dello sviluppo territoriale – ha aggiunto – è stato affrontato troppo velocemente perché proposto sulla base di richieste già preconfezionate. Invece deve essere uno sviluppo per tutto il territorio, i soldi devono essere distribuiti anche alle realtà che sono fuori dall’UTI. Noi abbiamo posto la questione in un emendamento alla legge di stabilità che è stato accantonato, vedremo cosa diventerà.
Ci chiedono di tener conto delle difficoltà dell’amministrare il bene pubblico – ha sottolineato Pietro Piaviotti, capogruppo dei Cittadini – e di fare in modo che le loro fatiche non vadano vanificate. La necessità di lavorare assieme, tra più Comuni, è una cosa che risale a 30 anni fa. E quando la Regione impose loro di unirsi per il sociale non glielo chiese, ma li obbligò a farlo. Biasutti allora impose la raccolta dei rifiuti intercomunale, non la suggerì, e fu una fatica, ci furono lamentele che però furono superate e oggi nessuno tornerebbe indietro.
Questa faccenda è iniziata con la legge regionale 10/1988 sul riordino istituzionale della Regione e la devoluzione di funzioni agli enti locali – ha puntualizzato Riccardo Riccardi, capogruppo di FI -. Voi oggi parlate di dialogo e armonia, ma non è così ovunque. E quando si stanziano 100 milioni di euro per il triennio 2018-2020 per chi sta nelle UTI ma non per chi ne è fuori, non è un bel modo di dialogare ma gettare le basi di una imposizione. Quanto al personale, se le regole restano in capo allo Stato, non risolviamo certo la cosa con qualche dirigente in più.
Sapevamo di mettere mano a uno dei settori più delicati della Regione – ha detto Diego Moretti, capogruppo del Pd – e abbiamo agito anche seguendo le indicazioni giunte da voi sindaci. Da parte mia, auspico che il dialogo non si interrompa e che, invece, finisca le guerriglia tra sindaci in nome della democrazia. Sappiamo che degli aggiustamenti sono sempre necessari, ma anche che arrivano solo dopo che le leggi vengono applicate.
Una richiesta strana – l’ha definita Elena Bianchi, capogruppo M5S – perché noi legiferiamo sul presente, non possiamo farlo su ciò che ancora non è, e abbiamo sempre lasciato aperto il dialogo con tutti. Va bene chiedere pro futuro, ma credo che ciò dovrebbe avvenire in un’altra sede.
Da ultimo, Giulio Lauri per Sel-FVG ha ribadito una disponibilità sempre data al dialogo per raccogliere le richieste dei territori, anche se questo è stato tradotto da alcuni come il segnale di qualcosa che non funzionava, mentre per altri è stato il segnale di una voglia di miglioramento. Sul personale, forse si doveva analizzare di più la questione e avere così esiti diversi.