Sospensione di Schengen e flussi migratori: pretesto elettorale o argine ad una minaccia?

Trieste – La libera circolazione sancita dagli accordi di Schengen ai confini con la Slovenia è sospesa ormai dal 21 ottobre 2023. Sono presenti in media 4 o 5 tra poliziotti e militari ai valichi tra i due Paesi.

Costi notevoli per arginare quali rischi?

L’imponenza di questo apparato, a fronte di rischi sulla cui entità ci sono leciti dubbi, fa riflettere sull’opportunità di affrontare i considerevoli costi per tenere in piedi un posto di blocco ad ogni frontiera.

Dagli atti del Senato della Repubblica emerge che un simile calcolo era stato già fatto nel 2017, quando Schengen era stato sospeso a più riprese da vari Paesi dell’Unione a fronte di fatti di terrorismo e di un picco storico di movimenti migratori verso l’Europa verificatosi nel 2015 e nel 2016.

Secondo quelle stime, il ripristino totale dei controlli di frontiera per sorvegliare la circolazione delle persone nello spazio Schengen avrebbe comportato costi diretti immediati per l’economia dell’UE compresi tra 5 e 18 miliardi di euro all’anno. Oltre agli altri disagi ed alle perdite per il settore turistico.

Le forze politiche di opposizione stanno da tempo denunciando la strumentalità della sospensione di Schengen ai confini orientali, avviata a partire dalle violenze in Medio Oriente, ma con flussi migratori neppure paragonabili a quelli del 2015-2016.

Interrogazione della senatrice Tatjana Rojc (Pd)

La capogruppo Pd nella commissione Politiche europee del Senato Tatjana Rojc nei giorni scorsi ha annunciato il deposito di una sua interrogazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in relazione alla sospensione della libera circolazione delle persone tra Italia e Slovenia.

“Solo disagi senza veri vantaggi. Con il ripristino dei confini l’Europa rischia di tornare indietro e il Friuli Venezia Giulia rischia di rinchiudersi rendendo la vita difficile ai cittadini e ai commerci, e tutto senza garanzia di maggior sicurezza”.

“Chiederò al ministro Piantedosi – prosegue Rojc – se il Governo intende procedere sulla strada di un’abolizione di fatto del Trattato di Schengen, perché questo periodo di sospensione non è più un provvedimento straordinario ma una condizione stabile. Molto discutibile anche la connessione tra la proclamata chiusura dei confini e l’andamento del fenomeno migratorio, visto lo scenario globale dei flussi”.

“Ci chiediamo quale sia il vero motivo per cui si chiudono le frontiere – sono le domande che anticipa la senatrice – se per le crisi internazionali, per la rotta balcanica o per mera propaganda”.

“Chiederò quante risorse sono state spese e si prevede di spendere ancora per tenere personale aggiuntivo delle forze dell’ordine sui valichi principali, mentre ad esempio la Questura di Trieste patisce una crescente carenza di organico. Quanto incida sull’efficienza operativa delle Forze Armate l’impiego di altri militari in compiti di controllo. Se ci sono valutazioni di intelligence in merito all’efficacia della sospensione di Schengen rispetto al rischio ventilato di attacchi di cosiddetti ‘lupi solitari’. Se sia stata fatta un’analisi nel lungo periodo dell’impatto economico complessivo dei disagi arrecati con controlli e rallentamenti”.

“Lo stesso primo ministro croato Andrej Plenković – ricorda la senatrice Pd – ha detto chiaramente che i controlli all’interno di Schengen non potranno impedire il terrorismo e la crescita dell’estremismo, e che l’unica vera soluzione è proteggere le frontiere esterne dell’Ue. E questa – precisa – è la stessa posizione della Slovenia”.

“L’impressione è che la sicurezza sia un pretesto in vista delle elezioni europee, per mandare il messaggio che si sta combattendo l’immigrazione, mettendo uomini e mezzi alle frontiere mentre ce ne sarebbe un gran bisogno nelle città dove – conclude la senatrice Rojc – i cittadini sono preoccupati sul serio”.

La Giunta regionale: la sospensione di Schengen riduce i flussi migratori

Da parte sua la Giunta del FVG, durante i lavori della VI Commissione consiliare, riunitasi nei giorni scorsi per la Sessione europea 2024 (nel corso della quale si discutono le linee guida regionali su cui indirizzare i lavori futuri della Commissione Ue), ha fatto sapere che nei primi tre mesi di quest’anno il flusso dei migranti arrivati sul territorio del Friuli Venezia Giulia si è dimezzato, rispetto a quanto registrato nel medesimo periodo del 2023 che vide, invece, un numero record di immigrati provenienti dalla rotta balcanica.

Sempre per il 2024 – aggiunge l’amministrazione regionale – almeno un centinaio sarebbero stati gli arresti di trafficanti di esseri umani da parte della sola questura di Trieste, seguita a ruota in questa statistica dalle questure della provincia di Gorizia e Udine.

L’assessore regionale di competenza sostiene che il calo dei flussi migratori del 2024 sia legato alla sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa, resa necessaria, nell’ottobre dello scorso anno, per ragioni di sicurezza internazionale, visto l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente.

Una sospensione vista con favore dall’attuale amministrazione della Regione Fvg, “in sintonia con l’iniziativa del Governo italiano” è stato affermato.

L’amministrazione ha anche fatto sapere che è stato approvato in Giunta un regolamento a sostegno delle forze dell’ordine deputate al controllo dei confini e relativo all’acquisto di strumentazioni adeguate.

Quali le priorità nelle richieste alla Commissione UE?

Durante la discussione sul fenomeno migratorio, le opposizioni hanno evidenziato piuttosto la necessità di portare all’attenzione dell’Ue la richiesta di maggiori risorse finanziarie per garantire accoglienza adeguata a quanti arrivano in Fvg.

È indispensabile – secondo l’opposizione – che quanti fanno richiesta di asilo politico non vivano in condizioni di indigenza. Risorse economiche indispensabili, anche quelle per disincentivare l’emigrazione dei giovani dal territorio regionale, la cui percentuale è sempre più alta.

Dalla maggioranza è stata, invece, avanzata la necessità di indirizzare l’Ue perché si trovi un accordo tra gli Stati membri che, da una parte, permetta di fare investimenti nei Paesi dove ci sono situazioni critiche al fine di arginare i flussi migratori – definiti “ingenti” – e dall’altra, acceleri la distribuzione sul territorio nazionale e regionale dei migranti, a garanzia di una politica adeguata di integrazione.

 

 

 

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